La storia degli insediamenti umani di una certa importanza ha visto il progressivo annullarsi della distinzione tra la "città murata", ad alta densità abitativa, e il "contado", a bassa concentrazione antropica, in una "città diffusa" senza sostanziali divisioni tra centro cittadino, periferia, concentrazioni abitative con tendenza alla conurbazione, insediamenti produttivi limitrofi.
Questa nuova configurazione territoriale, limitata nel XIX secolo a isolati esempi e che nel corso del XX è divenuta via via più frequente, ha evidenziato l'inadeguatezza della struttura amministrativa tradizionale, incapace di governare le nuove complessità emergenti nelle grandi aree urbane. Se l'organizzazione amministrativa basata su comune e provincia è l'optimum nel caso di una divisione concreta tra città capoluogo e suo hinterland provinciale, nel caso della città diffusa, spalmata senza soluzione di continuità abitativa o insediativa su vaste porzioni di territorio, l'organizzazione tradizionale degli Enti locali mostra palesemente i suoi limiti.
L'istituto della città metropolitana, ente intermedio tra comune e provincia (che nell'attuale versione legislativa italiana è andato a sovrapporsi territorialmente a questa), è destinato a superare le criticità della struttura amministrativa tradizionale delle realtà territoriali complesse come le aree metropolitane, soprattutto in quelle che estendono i loro limiti urbani oltre il perimetro territoriale comunale.
Pur essendo presenti studi approfonditi e rilevamenti puntuali sulle concentrazioni urbane sovracomunali italiane, basati su dati oggettivi attinenti alla mobilità e alle attività produttive, l'etichettatura di un territorio come metropolitano non è stata affidata a criteri oggettivi e affidabili bensì rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore. Da ciò deriva l'eterogeneità delle aree metropolitane italiane in relazione ai diversi parametri (configurazione urbanistica, struttura sociale ed economica, rapporto demografico e territoriale tra capoluogo e provincia).
Un solo esempio. Mentre per Napoli e Milano (uniche città che insieme a Roma, con un'interpretazione restrittiva dei parametri di giudizio, potrebbero etichettarsi come metropolitane) i fenomeni conurbativi si estendono oltre il perimetro provinciale (ad esempio Monza e la Brianza, di fatto conurbate con Milano, resteranno escluse dalla città metropolitana meneghina) determinando la nascita di una città metropolitana sottodimensionata (anche la c. m. di Firenze nascerà monca di Prato e Pistoia); il contrario avviene per Bologna o la nostra Reggio, dove il "peso" demo-territoriale della città centroide è decisamente ridotto rispetto ai comuni circostanti o al perimetro provinciale che delimita la città metropolitana.
Se per un verso, quindi, le criticità dell'istituto della città metropolitana derivano dall'elasticità del metro di giudizio nella catalogazione, dall'altro discendono dalla sua sovrapposizione rigida ope legis al territorio provinciale.
All'uopo cito un eloquente stralcio tratto da "Città Metropolitane: storia, ordinamento, prospettive" di Carlo Deodato, Consigliere di Stato, Capo Dipartimento per le riforme istituzionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
«È sufficiente scorrere l'elenco delle città metropolitane istituite all'art. 18 (mutuato dalla precedente legislazione al fine di evitare la riapertura di una ingestibile negoziazione politica in Parlamento) per avvedersi che alcune delle città ivi previste possono essere qualificate come metropolitane solo con molta fantasia e che le esigente amministrative dei relativi territori possono essere efficacemente soddisfatte dall'alternativo ente intermedio, costituito dalla Provincia.
Spetterà al prossimo Parlamento, se si verificheranno le necessarie condizioni politiche, decidere se tagliare quell'elenco e se circoscrivere il catalogo delle città metropolitane a quelle, poche, che nel nostro paese esigono un ordinamento differenziato e che possono essere identificate nelle, uniche e reali, metropooli: Roma, Milano, Napoli.»
Concludendo, c'è il pericolo non tanto remoto che il futuro lo status di città metropolitana, così come "con molta fantasia" è stato attribuito, non corrispondendo a criteri oggettivi di valutazione ma solo a scelte politiche, possa essere rimosso. L'unico deterrente a questa malaugurata ipotesi è la proiezione della città metropolitana di Reggio verso un "consorzio" con quella di Messina al fine di rendere strutturalmente stabile e funzionalmente operativa l'Area Metropolitana Integrata dello Stretto.