Anche perché la predetta onlus, obbligata a redigere un bilancio annuale non foss'altro perché avente rapporti con un CdA, dal 2008 avrebbe dovuto presentare un'opportuna quanto doverosa documentazione contabile, che però sarebbe stata consegnata solo nei primi giorni del dicembre 2011.
Come logica conseguenza di quanto sopra, l'AD Porcino, sulla scia di quanto effettuato dalla SACAL lametina, ha indetto un bando interno con l'obiettivo di internalizzare i servizi per gestirli e controllarli meglio. L'operazione dovrebbe portare un risparmio di circa € 30.000 ovvero del 50%.
Sorge spontanea la domanda: com'è possibile che un servizio esternalizzato sia costato più del doppio di quanto si presume possa costare se svolto con personale interno? Quesito apparentemente insolubile, ma dalla soluzione intuibile se si mettono a fuoco alcune norme fiscali e amministrative che regolamentano le attività delle associazioni non lucrative.
Le associazioni di volontariato, pur in possesso di partita IVA, possono svolgere un'attività commerciale solo se questa non è preponderante rispetto alle restanti e, comunque, dev'essere funzionale al migliore espletamento della mission statutaria. Questa attività commerciale è soggetta a tutte le norme fiscali che regolamentano la cessione di beni e servizi, né più né meno di quelle delle imprese.
Cosa diversa è se le cessioni di beni e servizi, comunque entro limiti "credibili", vengono effettuate all'interno dell'associazione. In altri termini un associato può ricevere dall'associazione determinati servizi senza che questa sia obbligata a emette fattura o ricevuta fiscale in quanto il valore della transazione è forfettariamente compreso nelle quote associative.
Inoltre, le prestazioni di lavoro svolte da associati nei confronti dell'associazione, ovvero la fornitura dei citati servizi che vengono "girati" ad altri associati, possono anch'esse essere svolte fuori da ogni regolamentazione fiscale in quanto le relative retribuzioni si possono elargire sotto forma di "rimborso spese".
Da quanto detto risulta evidente che le associazioni di volontariato sono come un'isola che il fisco può solo lambire. L'unica incombenza cui è tenuta l'associazione è quella dell'assicurazione obbligatoria per gli associati, per il resto basta un'agendina con due colonne per pagina, delle uscite e delle entrate: un po' come potrebbe fare un'attenta massaia con le spese domestiche.
Ora, se tutto è legittimo per un'associazione parrocchiale che apre una P. I. per gestire il suo giornalino e poter incassare qualche soldino di pubblicità, si può ammettere che lo sia anche per grosse associazioni che movimentano anche più di centomila euro all'anno oppure addirittura che camuffano da volontariato una vera e propria attività commerciale?
Un'ultima domanda, retorica. Carlo Porcino, oltre a ricoprire la carica all'interno della Sogas, è uno stimato commercialista e, pertanto, non può non conoscere quanto viene nascosto sotto l'accogliente e non trasparente veste che ricopre le onlus: come avrebbe potuto assumersi la responsabilità di accettare che un servizio obbligatorio per l'aerostazione reggina potesse essere espletato in assenza di trasparenza fiscale?
A ognuno il suo mestiere, quindi: che le associazioni di volontariato facciano ciò per cui sono nate e mantengano le attività per le quali apprezzate e finanziate.