Martedì, 28 Febbraio 2012 10:06

IL PASSAGGIO A NORD EST E LE (S)FORTUNE DEL PORTO DI GIOIA

Nessuno ne ha più parlato, ma un fatto accaduto nell'estate del 2009 può essere decisivo per le fortune del porto di Gioia che, per essere capite, vanno inquadrate storicamente. Sinteticamente possono così essere riassunte.

Nel 1492 l'impresa di Cristoforo Colombo e la scoperta delle Americhe condanna il Mediterraneo alla marginalità: bastano pochi decenni per spostare l'interesse geopolitico delle grandi potenze dell'epoca, e con esso il baricentro economico-commerciale, dal Mare Nostrum all'oceano Atlantico e alle rotte che collegano l'Europa al Nuovo Mondo.

 Nella seconda metà del XIX secolo l'apertura del Canale di Suez riapre i giochi con l'abbandono della rotta che circumnaviga l'Africa a sud. Da segnalare, tra l'atro, che fu un'irripetibile occasione di sviluppo persa per la Calabria che, pur al centro delle nuove rotte, non aveva porti adatti a ospitare i piroscafi che andavano a sostituire le navi a vela soprattutto sulle lunghe distanze.

Nei primi anni Novanta del XX secolo, un combinato di mutamenti geoeconomici e innovazioni tecnologiche rimescola le carte, sì che i porti del Mediterraneo consolidano le posizioni e riacquistano una nuova centralità nei grandi flussi di merci su scala intercontinentale.

Infatti, posto che l'economia mondiale si poggia su tre pilastri (Estremo Oriente, Europa e Nord America) e che la stragrande maggioranza del traffico commerciale tra questi poli avviene via mare tramite il trasporto containerizzato, l'affermarsi dell'intermodalità e delle tecniche "hub and spoke"ha reso economicamente più vantaggiosa la rotta che, lungo l'asse Asia-America, passa per il canale di Suez. La qual cosa, per le grandi navi portacontainer, ha comportato l'attraversamento del Mediterraneo e il transhipment nei porti hub dell'Europa meridionale, tra cui quello di Gioia Tauro.

Ciò premesso, l'aumento medio della temperatura terrestre, per via dell'effetto serra e più genericamente della polluzione ambientale, ha comportato una progressiva riduzione dell'estensione dei ghiacci polari con la conseguenza, nell'emisfero nord del pianeta, di rendere agibili ampi tratti del mar glaciale artico non solo alle navi rompighiaccio.

È così che nell'estate del 2009 il Passaggio a Nord-Est attraverso lo Stretto di Bering, tra la Siberia russa e l'Alaska statunitense, nella rotta che dal Far East asiatico porta al Nord Ovest dell'Europa, è stato violato da due navi mercantili (per la cronaca la Fraternity e la Foresight della Beluga Shipping GmbH) che dalla Corea del Sud sono arrivate in Olanda. [La prima volta che venne effettuato il tragitto attraverso lo Stretto di Bering fu a opera dell'esploratore svedese Adolf Erik Nordenskiold che, partito il 4 luglio del 1878 dal porto di Goteborg in Svezia, raggiunse Yokoama in Giappone l'anno successivo dopo essersi liberato dall' invernale morsa dei ghiacci.]

Il risparmio è stato di 4000 miglia nautiche (rispetto al tragitto che, passando per il Canale di Suez, è lungo 11000 miglia) e, in carburante, di circa 500.000 euro per nave.

La centralità mediterranea nei traffici marittimi, riacciuffata con il taglio dell'istmo di Suez nella seconda metà del XIX sec e con la comparsa dei container e dell'intermodalità tra gli anni '50 e '90 del XX sec, dopo l'apertura al traffico commerciale dello Stretto di Bering, ipotesi concreta visto l'attuale trend di surriscaldamento terrestre, nel XXI sec. verrebbe nuovamente a perdersi.

Nonostante che le ripercussioni, certe e ineludibili, non saranno di poco conto per l'economia calabrese e dell'Area dello Stretto, nella progettualità dell'Autorità portuale l'argomento non è stato ancora affrontato.

 

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