Posto che l'importanza della baricentrica Piana di Lametia nel sistema infrastrutturale calabrese è fuori discussione; la presenza di ampi spazi e dell'aeroporto internazionale, la naturale destinazione di scalo ferroviario regionale e centro di smistamento delle operazioni commerciali, l'interconnessione ferroviaria e viaria con Gioia Tauro e la fascia ionica calabrese, fanno sì che il vero retroporto si possa costituire a Lametia.
D'altronde non si vede perché ciò non possa avvenire: sono le funzionalità operative quelle che alla lunga decidono il mercato. La Piana di Gioia nel 2050 potrebbe divenire un'unica città diffusa che, con l'abolizione delle Provincie, non si sentirà legata a Reggio più di quanto i suoi interessi glielo consiglieranno. Perché gravitare a Sud quando il mercato è visto a Nord? Questo trend, che a prima vista sembra automatico, può essere invertito ragionando in termini di macroregione meridionale senza accettare i confini regionali come steccati invalicabili.
L'idea di un'area metropolitana reggina solo calabrese, per di più limitata all'associazione dei Comuni dello Stretto secondo l'ipotesi avanzata dal presidente di questa, non avrà mai la forza attrattiva sufficiente per la Piana e la Locride che, eventualmente sotto forma di quei Liberi Consorzi Comunali ipotizzati nella Regione Sicilia, motu proprio si orienteranno a nord. A meno che, eventualmente come consorzio tra le città metropolitane di Reggio e Messina (superando così lo scoglio costituzionale dell'essere la Sicilia una regione a statuto speciale), non si crei nei fatti una Città Metropolitana dello Stretto che abbia potenzialità non inferiori alle altre della macroregione meridionale (Napoli, Bari, Catania, Palermo).
In mancanza di una vera Area Integrata dello Stretto: Messina sarà la periferia nord del sistema metropolitano della Sicilia Orientale che, con perno in Catania, avrà il suo sud nel Siracusano; Reggio, al fondo del cul de sac nazionale, sarà destinata a essere esclusa dall'asse infrastrutturale che si stabilirà tra la Piana di Gioia e quella di Lametia.
L'ingegneria istituzionale partorisce scatole vuote, che devono essere riempite di contenuti. Essere sulla carta città metropolitana non è sufficiente a esserlo veramente e il semplice titolo non garantisce e protegge Reggio da un destino di marginalità. D'altronde i numeri parlano chiaro: la Sicilia, con cinque milioni di abitanti, nel concreto può avere solo due centri o assi metropolitani, uno orientale e uno occidentale, gravitanti su Catania e Palermo; la Calabria, con due milioni di abitanti, solo uno, che nei fatti per motivi infrastrutturali e di mercato si costituirà sull'asse Gioia-Lametia, lasciando fuori la città metropolitana di Reggio.
Ragionando in termini di macroregione meridionale, invece, un'Area integrata e strutturata dello Stretto con una specifica vocazione mediterranea, in cui sinergicamente operino i suoi scali portuali (Gioia, Milazzo, Messina, Villa, Reggio), si affiancherebbe ai poli portuali già esistenti (Napoli-Salerno, Bari-Brindisi, Catania-Siracusa, Palermo-Trapani) e a quello da definire sullo Ionio (Taranto-Crotone: un'unica mission per un polo interregionale), in una sinergia che affrancherebbe definitivamente Reggio e Messina dal loro destino di marginalità.
Andrebbe all'uopo rivista la proposta della Fondazione Mediterranea, avanzata già nel 2003 e riaffermata con modifiche e adattamenti più volte negli anni successivi, relativa a un'unica Autorità Portuale calabro-sicula dello Stretto che si affianchi a un'Autorità ionica calabro-pugliese. Ragionare in termini di mercato ampio, ovvero di sinergie tra infrastrutture terrestri e autostrade del mare con riferimento ad ambiti macroregionali e mediterranei, è l'unica strada percorribile per ottimizzare l'utilizzo di risorse e strutture.