Le vecchie case furono abbattute e lo spazio ricavatone venne destinato a verde pubblico e a edilizia sociale.
In questi cinque anni gli ex abitanti di San Giovannello, passata l'euforia derivante dall'aver preso possesso di una casa nuova e "moderna" ma non raggiungibile a piedi dal centro, transitando con i mezzi davanti all'abbandono del loro vecchio quartiere, ridotto a uno sporco deposito di laterizi di risulta solo poco nascosto dalle alte erbacce, hanno rimpianto la misura e la compostezza e la vicinanza al centro delle loro vecchie abitazioni.
Abbindolati da falsi miti modernisti e da amministratori con idee urbanistiche disfunzionali e antiestetiche, avevano salutato con gioia l'assegnazione dei nuovi alloggi: non pensando a quale valore aggiunto avrebbero raggiunto le vecchie villette una volta ristrutturate e volumetricamente ridisegnate con una pur parziale sopraelevazione.
Oggi finalmente, nonostante le difficoltà economiche in cui versa il Comune, viene stanziata la cifra di quasi due milioni di euro per l'edificazione di una palestra comunale, rimandando a tempi migliori la sistemazione definitiva della vasta area che, anche per il fatto di essere tagliata diametralmente da via Cardinale Portanova, non può essere tutta riqualificata con questo intervento. Oggi non si può fare altro che tentare di riparare i danni compiuti con l'annientamento di un quartiere.
L'errore di fondo, è bene sottolinearlo, è stato quello di sposare senza inventiva e fantasia scelte urbanistiche che prevedono, data una certa superficie, l'accentramento delle abitazioni per aumentare lo spazio a verde pubblico: con la relativa doppia problematicità della gestione del verde e della vivibilità delle abitazioni. Con molto meno di quanto si è speso e si spenderà, si sarebbero potute ristrutturare le villette di San Giovannello, tra l'altro incrementandone la cubatura, mantenendo quel vissuto di quartiere che si è definitivamente perso.
Stesso errore è stato commesso al rione Marconi, dove almeno la popolazione residente non è stata deportata, in cui oggi, al posto delle vecchie case basse, troviamo troppo ampi e ingestibili spazi aperti; e, parzialmente, al rione Ceci. In questo, adiacente al desolato spazio aperto asfaltato derivante dalle demolizioni, sono sopravvissute una serie di villette a un piano: dignitose e vivibili, a ridosso del centro, personalizzate da un inoffensivo e tollerabilissimo microabusibvismo edilizio, sono certamente da preferire all'anonimato di un appartamento condominiale periferico.