"La nostra totale libertà e indipendenza, il mio assoluto non protagonismo, e il non aver mai cercato la complicità delle varie caste in cui si articola l'attività culturale in Italia, ha creato una sorda ostilità nei nostri confronti. Vien proprio da dire che lo schiavo non odia mai il suo padrone quanto odia l'uomo libero."
"Lo schiavo non odia mai il suo padrone quanto odia l'uomo libero": la storia dell'uomo e del suo pensiero, o la storia tout court, raccolta in una frase buttata lì, senza alcuna ricerca di effetto scenico, in una lettera informale. Una frase che conclude l'amara riflessione sul peso che l'uomo libero si strascina sulle spalle, quello della libertà di espressione, fonte di invidie e inimicizie, di frustrazioni e dolenti epifanie.
Eppure è questo peso, che ostacola la sua azione e che lo rende a volte goffo nei movimenti in una società di agili volponi, che rende leggero il pensiero dell'uomo libero: più è insicuro e difficile e doloroso il suo cammino sociale, che rifugge da quei favoritismi che presuppongono la perdita della propria libertà, più si innalza libera e incondizionata la sua voce.
Nel Meridione, tanto lontano dalla felpata atmosfera di Oxford, si può essere altrettanto decisi nel difendere la propria libertà? Quando si ha a che fare con il futuro dei propri figli, si ha il diritto di non voler essere condizionabili? Chi l'ha fatto e lo fa, pur subendone le conseguenze nell'immediato, con lungimiranza semina i germi di una pianta che, una volta attecchita, non sarà facile sradicare: la libertà. Il sentirsi liberi è come una droga di cui, una volta assunta, non si riesce a farne più a meno.
Ma cos'è che fa differenzia tra l'uomo libero e lo schiavo? È la conoscenza, non solo quella dei fatti e della storia ma anche quella delle arti e delle scienze, quel di più che ci rende liberi di poter prendere quelle decisioni che nell'immediato possono anche essere dannose per i propri interessi ma che nel tempo medio-lungo si rivelano illuminate. È la cultura che ci consente di ipotizzare un futuro in cui decisioni apparentemente sbagliate si risolvono in "vantaggi evolutivi" in una società governata dalle dure leggi darwiniane.
È per questo motivo che lo schiavo teme l'uomo libero e lo combatte arruolandosi sotto la bandiera del padrone: sa o intuisce che il futuro non è suo, che non gli appartiene, che nei tempi medio-lunghi il servilismo non paga. L'uomo libero non si arruola sotto una bandiera che non sia la sua ovvero delle sue idee e ideeali.
Nel Meridione è possibile ipotizzare, oltre a liberi cittadini, anche un'intera città libera? Una città libera: dalla politica di basso profilo, dalla cattiva amministrazione, dai do ut des, dall'imprenditoria parassita, dalla cultura asservita, dalla chiesa curiale, dal sindacato prono e servile, dalle mamme che sognano un futuro di escort per le proprie figlie, dai padri imbelli e teledipendenti, dai junk food e dai bambini obesi, dai professionisti del volontariato e da quelli antimafia, dai consultori inaffidabili e dalla "sanità deviata", ecc.
È possibile? Bisogna crederci. Ma credere non basta, occorre investire: in cultura e nei saperi. Come la libertà dell'uomo si conquista con la conoscenza, anche quella delle città passa per i saperi. Occorre avere coraggio di andare oltre l'idea, pur suggestiva, della città turistica per approdare a quella della "città studi": una città colta è una città che, libera dalla mafia e dalla bassa politica, si può proporre all'attenzione nazionale e planetaria non solo per i suoi beni naturali ma anche, e per tutto l'anno, per ciò che di immateriale saprà costruire.