svoltasi nei primi anni del terzo millennio, da considerare la madre di tutte le guerre d'Aspromonte non foss'altro che per aver coinvolto quasi tutti gli attori istituzionali.
Un'assurda e ridicola guerra di competenze territoriali e gestionali durata alcuni anni che, insieme a svariate comparse, tra cui le Comunità montane e alcune Amministrazioni comunali, ha avuto tre attori protagonisti: il Corpo Forestale dello Stato; l'Azienda Forestale Regionale; il Parco Nazionale d'Aspromonte.
Il Corpo Forestale, operante da ben 180 anni, quindi da prima dell'unità d'Italia, quasi costituendo la memoria storica dei luoghi montani italiani, da gestore diretto era divenuto controllore sui nuovi gestori subentrati con il decentramento amministrativo: va da sé che a volte ne dovesse subire l'ostilità al mostrarsi censore di operati o linee di sviluppo non armonizzate con la legge.
L'Afor, in base al Dpr n. 11/72 e al successivo n. 616/77, dopo il 1972 aveva acquisito la proprietà delle zone montane calabresi ad eccezione dei Parchi, dei boschi da seme e dei beni immobili necessari ai fini istituzionali del Corpo Forestale (in Aspromonte a Basilicò, a Marrappà, a Canovai). L'Ente Parco, terzo attore della delirante tenzone, con le sue specifiche competenze si era inserito nel puzzle gestionale aspromontano.
Le prime scaramucce nacquero quando il Corpo Forestale stigmatizzò alcune iniziative dell'Ente Parco: l'abbellimento con murales "trompe l'oeil" delle pareti di alcuni edifici di Samo e Bagaladi, usando anche maestranze liguri e studenti fiorentini; il recupero di fabbricati e piccoli centri anche con materiali esogeni, senza la piena valorizzazione delle risorse e delle tradizioni locali. Ma la guerra vera e propria tra queste Istituzioni scoppiò quando il presidente del Parco, che a dire del comandante della Forestale non si era ancora fornito degli strumenti prescritti dalla legge 394/91 né di un'idonea struttura operativa, convocò per le ore 12 di domenica 6 ottobre 2002 una riunione dei sindaci dei comuni della fascia ionica del Parco in piena foresta demaniale aspromontana, in località Canovai, il cui accesso era vietato senza autorizzazione del Corpo Forestale. In quell'occasione il primo cittadino di Samo, immortalato dagli occhi delle telecamere della troupe di Telereggio, solennemente bardato di fascia tricolore, rimosse la barra che in località Monte Perri, ricadente nel territorio del suo comune, limitava il transito autoveicolare (blocchi e divieti posti dalla Forestale negli anni ottanta, quando alcune zone aspromontane furono liberate da ovili costruiti abusivamente di terre demaniali).
Nel bel mezzo di questa querelle, il convergere di nuovi importanti interessi fece sì che tra questi Enti si creasse un'inedita alleanza contro un comune nemico, l'Afor. L'Azienda forestale regionale venne accusata, anche con un'interpellanza parlamentare: di non essersi fornita di un apparato tecnico qualificato; di avere dirigenti non in grado di rilevare la differenza tra un bosco ceduo di castagno e un terreno seminativo o un pascolo arborato; di trascurare la sua attività istituzionale di gestione delle foreste regionali per svolgere altre attività ad ampia rilevanza non previste in alcun programma di sviluppo; di aver programmato nel bosco attività, come lo zoo esotico (cfr. il precedente intervento su www.diarioreggino.it), mortificanti il paesaggio e turbanti l'ecosistema.
Ma fu subito di nuovo guerra tra gli alleati quando ci si dovette dividere le spoglie del nemico momentaneamente sconfitto: a chi spettava il merito di aver fatto porre sotto sequestro le costruzioni abusive dello zoo di Basilicò?
Dopo che il 12 marzo del 2003 apparve su Repubblica un'intervista al direttore del Parco Tonino Perna fatta da Antonio Cianciullo in cui si diceva che "lo scorso 2 febbraio l'Ente Parco ha fatto mettere i sigilli allo Zoo"; e dopo che il 3 aprile sul Quotidiano si parlò di "decisione dell'EP di far mettere i sigilli ai manufatti dell'Afor"; ecco che Angelo Ciancia, allora vice questore del CFS e amministratore delle foreste demaniali, insorse nel maggio del 2003 con una serie di affermazioni che si potevano così riassumere: il sequestro delle strutture per il ricovero di animali esotici, realizzate dall'Afor in Aspromonte, fu effettuato dal CTS (Coordinamento Territorio Ambiente del Corpo Forestale dello Stato, che svolgeva la propria attività di vigilanza a sorveglianza all'interno dei parchi nazionali) su disposizione della Procura di Reggio Calabria che, per le opportune indagini, si era servito proprio del Corpo Forestale.
Ottenuto il dissequestro, la ritorsione dell'Afor contro il CF fu immediata e feroce: brutale assedio della caserma di Basilicò, minuscola enclave in cui era ancora riposto ciò che restava della memoria e della cultura montana, con stormi uccelli tropicali, coorti di serpenti boa e di altra tipologia originari del sud est asiatico, interi battaglioni struzzi e zebre provenienti dal centro Africa, ecc.
In questa guerra di tutti contro tutti, che alla fine terminò a tarallucci e vino, chi ci perse di più fu Gambarie: e sarà sempre Gambarie a rimetterci anche oggi per le attuali guerre.