Andando da Reggio a Gambarie per la strada di Condera-Terreti, inseritisi in località Gornelle nella statale 183 proveniente da Melito-Bagaladi, e proceduto per circa 4 chilometri, una volta superato il bivio per Montalto e alla fine del rettilineo della fontana Tre Aie, prima dell'ultimo insieme di curve che portano al paese, sulla sinistra appare un monumentale portale in legno sovrastato da una grandiosa tettoia. Passativi sotto, nel citato periodo estivo si veniva fermati da improbabili custodi che, qualificatisi come dipendenti regionali, avvertivano che per procedere oltre era richiesto il pedaggio di un euro a persona adulta. Pagato il dovuto, veniva alzata la barra e si acquisiva il diritto di avanzare nella rettilinea discesa che, accompagnata da un doppio filare di faggi, sfociava in una serie di tornanti alla fine dei quali in tempi andati si arrivava direttamente alla caserma del Corpo Forestale dello Stato di Basilicò.
In quel periodo, dopo aver fatto lo stesso tragitto, si entrava invece in una sorta di Fantasilandia progettata e realizzata con immaginifica ispirazione dai vertici dell'Afor, l'Azienda forestale regionale che aveva acquisito nelle zone montane della Calabria la proprietà dei terreni demaniali statali. Solo dopo aver attraversato Fantasilandia, ovvero quel ridicolo zoo che in pieno Aspromonte inopinatamente ospitava animali tropicali, paradigma del "non luogo" senza storia né memoria descritto dall'antropologo Marc Augé, era possibile accedere all'assediata caserma, minuscola enclave custode di ciò che restava della memoria e della cultura montana aspromontana.
Il Corpo Forestale, accerchiato e vessato da continue questioni di competenza territoriale, era infatti costretto a sopravvivere in una minuscola riserva in cui, in un'onirica surreale atmosfera, il diuturno stridulo grido degli uccelli tropicali, le cui voliere erano a ridosso del perimetro di cinta della caserma, faceva pendant con le continue folate di odori di savana, effluvi provenienti dai ricoveri di zebre e di altri animali africani, tra cui una nutrita rappresentanza di serpenti di ogni tipo, allocati quasi sotto le finestre degli alloggiamenti dei forestali.
Tornando all'accesso alla nostra Fantasilandia, per tutta la lunghezza del lato destro del rettilineo d'accesso, oltre il filare dei faggi, su una superficie rettangolare di circa 10.000 metri, erano stati tagliati tutti gli alberi (letteralmente tutti) per creare un'assolata e desolante spianata dove avrebbero dovuto liberamente scorazzare gruppi di struzzi, per la gioia dei bambini e delle famigliole avide di conoscere la nostra fauna tipica aspromontana.
Sarà che i dirigenti Afor non avevano sufficientemente spiegato a quei poveri animali come lo si diventa, fatto sta che gli struzzi non erano proprio riusciti a diventare fauna tipica aspromontana. È così che nel polveroso recinto di queste bestie se ne vedevano solo poche: sopravvissuti non si sa come all'incuria e all'insipienza degli uomini oltre che all'inclemenza del tempo, questi struzzi, spelacchiati e rinsecchiti, con l'occhio spento dalla sofferenza e con l'incedere claudicante, sembrano supplicare i visitatori di essere eliminati per por fine al loro calvario.
In presenza di due collidenti e inconciliabili impostazioni (da parte del Corpo Forestale: rispetto dell'antica saggezza e della cultura dei luoghi; da parte dell'Afor: creazione di alienanti "non luoghi" senza storia né memoria) aveva vinto la delirante impostazione di sviluppo turistico aspromontato made in Afor.