Non si rendono conto di rappresentare il passato, di essere l'eredità di una politica basata sullo sfruttamento sistematico di rendite di posizione amministrative che vanno contro il mercato e che, alla fine, ridicolizzando l'idea stessa di politica, trasformandola in un ingovernabile teatrino con due soli attori sul proscenio: la banda bassotti e la magistratura inquirente. Mentre il nuovo è fatto di fantasia e immaginazione, di libertà e mercato, di cultura e turismo, di investimenti sul futuro, di invenzioni di ingegneria politica.
Rimarranno tristemente soli col loro bel capoluogo ben stretto tra le mani: un capoluogo che conterà sempre meno e che distribuirà sempre meno rendite parassitarie. Dopo che Crotone e Vibo, stanche del vassallaggio, hanno preso aria; se il Lametino con la sua area industriale avesse i numeri farebbe lo stesso; mentre anche il Soveratese, stanco di foraggiare con le sue entrate turistiche i burocrati collinari, sogna un città marittima lineare che abbracci la Locride.
Abramo, durante la sua campagna elettorale per la carica di governatore regionale, parlava della Calabria come di una "città di due milioni di abitanti", naturalmente governata da un baricentrico Campanile distributore di prebende a chi si fosse dimostrato più attento e compiacente verso gli interessi del Palazzo: un'identificazione di Catanzaro con la Calabria presente solo in deliranti menti ancorate a una visione paternalistica del bene comune.
Questa concezione della Calabria, fatta di un solo Campanile e di un diffuso contado, vera fonte di gran parte dei nostri mali, è talmente radicata nella mente dei politici catanzaresi da riaffiorare in ogni buona occasione, come quella attuale. Ma ormai non c'è da dare più gran peso alle fibrillazioni del Capoluogo: Reggio è città metropolitana e, come tale, potrà con maggiore libertà e autonomia seguire i propri interessi, che non sono mai stati calabresi sensu stricto e mai lo saranno.