L’odore è caratteristico ma difficile da descrivere: un misto di umida terra erbosa e di umbratili radicate muffe, si potrebbe dire. È l’odore dei paesini interni calabresi, isolati e freddi e umidi, che i loro abitanti una volta si portavano addosso misto al puzzo di cattiva legna arsa al camino. L’ho percepito in via “Gradoni dell’ospedale”, centralissima salita a scale che porta alle Poste, al palazzo della Provincia e alla Prefettura, ombelico della città di Catanzaro. Mai battuta dal sole, sul selciato laterale vi cresce abbondante muschio, e muffe varie sui delimitanti muri; i suoi sconnessi gradini mostrano gli indecorosi segni dei sommari rammendi succedutisi negli anni.
Arrivi così a uno slargo della principale strada cittadina, stretta e tortuosa e altimetricamente mossa, su cui convergono disordinatamente un gran numero di vicoli, proprio di lato al modesto e malmesso portone d’ingresso alla Prefettura, solo la presenza di un piccolo bar corredato di gazebo ti riesce a riconciliare con l’idea di città.