Nel “Bel-Ami” di Guy de Maupassant, 1885, si narra la storia della scalata sociale ed economica di un tal Georges Duroy che, sfruttando senz’alcuno scrupolo entrature e amicizie oltre che ricchezze e idee altrui, alla fine si nobilita anche ortograficamente trasformando il suo nome plebeo nell’altisonante e pseudonobiliare Du Roy.
I promoter di Catanzaro, eufemisticamente definita “brutta e noiosa” dal giornalista David Willey della Bbc giuntovi un paio di anni or sono per un effettuare un reportage sulla mostra “Magna Graecia, archeologia di un sapere”, sotto l’influsso dell’illuminante lettura del “Bel-Ami” hanno ideato un piano per la sua nobilitazione (peraltro nel solco già tracciato dal precedente rettore della locale università che, all’indomani della sua gemmazione dall’Università di Reggio nel 1998, aveva avuto l’idea di chiamarla “Magna Graecia”, scippando il nome proprio a chi le aveva dato i natali).
L’allestimento della mostra sulla Magna Gaecia faceva parte di questo progetto teso a far dimenticare le origini di Catanzaro (nata come insignificante insediamento rurale bizantino in un imprecisato anno tra il IX e il X secolo) e a confondere la sua inesistente o poco definita identità storica con quella ben diversa di altre città calabresi.
Il passo successivo, eliminate le tre “V” che, in mancanza d’altro, definiscono la città (San Vitaliano, il protettore; Vento, che soffia incessantemente; Velluto, simbolico ricordo dell’unica attività produttiva la cui rinomanza in passato abbia varcato i confini regionali), sarà di cambiare l’etimo di Catanzaro.
Il nome della cittadina non deriverà più da “Katantzàrion” (appellativo dato dagli occupanti Arabi a uno sperone roccioso dominante il golfo di Squillace) dal contaminato etimo greco-arabo (“katà”, sotto; “antzarion”, terrazza, dall’arabo “anjar”: sotto la terrazza).
[Questa derivazione etimologica è stata formulata dallo studioso catanzarese Giovanni Alessio in “Saggio di toponomastica calabrese” (Olski, Firenze, 1939). da segnalare che “Saggio di toponomastica calabrese” è anche il titolo della tesi di laurea di una studiosa reggina, Maria Pomara (madre del prof. Paolo Minicuci, già primario pediatra all’ospedale di Melito), originaria di Ardore e laureatasi a Catania negli anni Venti: il lavoro della Pomara precede di dieci anni quello di Giovanni Alessio, che la cita nella sua opera].
Abbandonata l’attuale teoria etimologica, il termine Catanzaro lo si farà derivare dal greco-classico “Katàntarkéo”: invenzione linguistica (si può rivoltare come un calzino il Rocci o il Montanari senza trovarne traccia) composta da “katà” (sotto, da una posizione inferiore) e da “àntarkéo” (a sua volta composto da “ànti”, contro, e “arkéo”, sono capace: sono capace di stare contro, di tener testa).
Ed ecco che, come fatto da Georges Duroy / Du Roy, Catanzaro, appropriatasi insieme alla sua Università della storia e dell’idea di Magna Graecia, cambia le origini del suo nome: non più dal popolare greco-arabo Katantzàrion (sotto la terrazza) ma dal nobile greco antico “Katàntarkéo” (capace di tener testa a tutti pur da una posizione di inferiorità).