La Preside di Architettura, prof.ssa Fatta, ha commentato l’intervento pubblicato su www.diarioreggino.it e ripreso da www.strill.it con una lettera che qui di seguito si riporta ed alla quale abbiamo doverosamente risposto.
Gentile dott. Vitale, mi è stato segnalato il suo articolo nel quale anche lei esprime una opinione sull’ “Affair Fuksas ad Annozero”. La ringrazio per i voti che esprime nei confronti miei (brava) e del rettore (bravissimo) ma mi pare che il modo con cui affronta la questione non sia del tutto esatto, o quantomeno efficace. Mi domando come fa ad esprimere pareri tanto mortificanti quanto generici quando scrive della ricerca e della didattica? Forse mi sfugge un suo ruolo interno alla nostra struttura che le consente di esprimere tali impegnative considerazioni? E ancora perché non cercare di entrare nello specifico facendo esempi concreti di nepotismo o clientelismo? Accolgo e condivido l’impegno verso la città di Reggio, l’implemento delle iniziative nei confronti del territorio e una più attenta analisi dei percorsi formativi nei confronti dei giovani. La prego quindi, dott. Vitale, di non confondere giudizi sommari e trancianti pronunciati da qualcuno magari per interessi inconfessabili (chissà! È possibile anche questo) con percorsi di crescita che coinvolgono numerosi docenti e ricercatori che contano sulla stima e il riconoscimento scientifico internazionali. Consideri gli sforzi che si fanno in una università che, come sostiene lei, rischia di essere considerata - addirittura - "sopravvalutata" e "autoreferenziale" in un territorio che e' oggettivamente difficile. Ci aiuti a farlo, nei modi costruttivi che possano dare contributi concreti, noi contiamo anche sul suo aiuto naturalmente. Francesca Fatta (Preside Architettura Università "Mediterranea" di Reggio Calabria)
Gent. e stim. prof.ssa Fatta,
riscontro la sua sul mio blog personale e non su www.strill.it per evitare che quanto scrivo si possa interpretare in modo mediatico (pur sempre pubblica, quindi, questa risposta non ha nessun fine di ampia diffusione).
Anche se, alla fine del mio percorso formativo canonico, la vocazione era di rimanere nell’ambito universitario, non l’ho seguita perché dissuaso da una serie di segnali non certo incoraggianti pervenutimi contestualmente a grandi manifestazioni di stima: si può dire che sia stato una vittima ante litteram, parlo del 1973, di quel sistema messinese di cui solo ora e tanto si parla.
Noi non possiamo non essere anche ciò che siamo stati (o non siamo stati) e, naturalmente, ciò che diciamo o scriviamo non può che essere fortemente condizionato dalle nostre esperienze culturali e di vita: è così che la quasi totalità delle nostre opinioni è ampiamente pre-giudicata.
Pre-giudicata, quindi, è anche l’opinione da me espressa sul sistema universitario italiano (opinione che comunque non collide affatto con quella, circostanziata e documentata, espressa da persone di calibro giornalistico ben più strutturato del mio).
Dopo la sua, ho riletto il mio intervento ed vi ho potuto constatare un salto di registro, involontario, che ha fatto forse apparire come scritte ad personam alcune affermazioni poste su di un piano generale. Di questo, pur riconfermando in pieno le sostanza delle proposizioni, mi scuso.