La proposta è allettante: un prestito a rimborso triennale con un tasso d’interesse di poco superiore all’inflazione. Basta iniziare la procedura su internet, concluderla con una veloce firma all’agenzia locale, per poi ricevere entro sei giorni la cifra richiesta sul proprio conto corrente bancario, da cui la finanziaria provvederà mensilmente a prelevare la rata concordata tramite il sistema rid. Troppo bello per essere vero: ci dev’essere sotto qualcosa. Ma cosa? L’unico modo per scoprirlo è di dare inizio alla pratica.
Nel compilare le schede sul sito della società, fornisco come richiedente il nome di mia moglie, dipendente pubblica a reddito fisso e controllabile, dando tra l’altro il recapito telefonico dove può essere rintracciata. Dopo due giorni puntuale arriva una telefonata con la quale, comunicata l’accettazione della richiesta, viene concordato un appuntamento per il successivo lunedì alle 14,30 presso la locale agenzia reggina.
All’orario concordato accompagno mia moglie ma, nonostante ripetute suonate, la porta dell’agenzia non viene aperta. Solo dopo oltre dieci minuti, alle 14.40 circa, ci viene risposto da un funzionario di composta e formale eleganza che, con tono e timbro di voce per nulla in sintonia con l’abito indossato, ci comunica di tornare dopo le 15.00, orario di apertura al pubblico. Alla risposta che quell’orario ci era stato dato dalla finanziaria, risponde che non è possibile in quanto tutti i lunedì l’apertura è alle 15. Di fronte alle nostre insistenze, di malanimo, ci fa comunque entrare.
Alle 15 inizia la trafila: non è solo una veloce firma da apporre a un documento già predisposto, ma vi sono innumerevoli schede da riempire, leggere e firmare. Ma cosa si va a firmare? Tra le altre cose un’assicurazione, obbligatoria ma non specificata in precedenza, che, aggiunta alle altre spese, andava a fare allineare i costi finali di tutta l’operazione con quelli presenti sul mercato dei prestiti, di fatto annullando il vantaggio fatto intravedere su internet.
Al rifiuto di mia moglie, cui tra l’altro vengono chiesti anche dati sensibili ma indispensabili a fare andare avanti la pratica di finanziamento, per il funzionario non vi è altra soluzione (visto che la signora ha dichiarato di aver già assunto degli oneri economici e di avere comunque urgente bisogno della cifra richiesta) che quella di fornire la firma di un garante. Sono presente e posso garantire, fornendo il giorno successivo copia della mia dichiarazione dei redditi e, naturalmente, tutta una serie di miei dati personali.
Dopo circa dieci giorni non si trova ancora traccia del bonifico sul conto corrente. In compenso arriva un’altra telefonata: manca, tra la documentazione esibita, la ricevuta dei versamenti con i quali posso dimostrare di aver pagato le tasse (il modello F24 del 2008). Alla loro consegna avrei dovuto anche fornire, come già fatto da mia moglie, tutti i miei recapiti telefonici, cellulare e fissi, di casa e studio oltre agli indirizzi e-mail. Inoltre anche mia moglie sarebbe dovuta tornare: per apporre un’ultima firma – che si era rifiutata di apporre in prima istanza – che autorizzava la finanziaria a usare i sui dati personali.
Insomma, per ricevere la somma necessaria ci si deve consegnare nudi e ammanettati.
Alla richiesta di annullare la pratica e di farsi restituire tutta la documentazione consegnata, si riceve un secco rifiuto: la documentazione (certificati, fascette stipendiali, copia documenti di identità, copia denuncia redditi, dati anagrafici e di residenza, recapiti telefonici e di posta elettronica, ecc.) fa ormai parte dell’archivio delle società finanziaria e non può essere restituita.
Anche se la pratica viene annullata, si rimane comunque violati nella propria privacy.
Scoperto, quindi, l’arcano delle offerte di prestito a tasso agevolato:1) con il costo aggiuntivo dell’assicurazione obbligatoria non si ha la convenienza pubblicizzata; 2) al rifiuto di sottoscrivere la polizza, con la firma del garante si immette un altro nominativo nella banca dati della finanziaria; 3) anche se la pratica di finanziamento non viene conclusa, comunque la finanziaria incamera dati che verranno usati in modo spregiudicato (con ossessive telefonate e messaggi pubblicitari sull’e-mail o, peggio, con l’invio non richiesto di carte di credito/debito con tassi di interesse altissimi ma accompagnate da persuasivi messaggi volti al loro facile e semplice utilizzo).