La drammatica situazione in cui versa il bilancio dell’Azienda sanitaria provinciale, denunciata in questi giorni dal Commissario Cetola, ha riportato alla ribalta dei media alcuni problemi della sanità reggina che, anche per un insieme di cause e concause riguardanti lo specifico assetto geoterritoriale e socioantropologico della provincia, sembra soffrire più di quella di altre città della Calabria.
Questi problemi (data la sufficiente qualità media dei servizi forniti e la presenza di picchi di alta specializzazione, in grado di erogare con tempestività prestazioni d’eccellenza) generalmente non sono legati a mancanza di professionalità medica ma alla cronica inefficienza della macchina amministrativa e dei suoi vertici. È questa inefficienza che, amplificando la reiterata asimmetria nell’attribuzione delle risorse regionali (in rapporto al numero degli abitanti queste si riversano in misura percentualmente maggiore nella provincia di Catanzaro), ha determinato la voragine nel bilancio.
Ma parlare di inefficienza è dir poco. Agli amministratori il contribuente reggino vorrebbe fare alcune domande.
Qual è il peso che nel bilancio dell’Asp ha l’esercito dei dipendenti assunti col criterio politico-clientelare? Intere loro coorti, dopo essersi ripassata per l’ennesima volta la cronaca quotidiana locale, tra un caffè e l’altro, giornalmente passano parte del loro tempo lavorativo in disquisizioni politico-sportive e, in periodo di elezioni, a fare campagna elettorale per i propri protettori e sponsor.
Quanta parte del bilancio è assorbita da quelle strutture nate e mantenute al solo scopo di sistemare drappelli di medici e paramedici? Il commissario Cetola ha ammesso che la guardia medica di Polistena ha un numero di addetti eccedente di tre o quattro volte il necessario. Ma quanti sono tutti gli altri reparti e repartini specialistici creati al solo scopo assegnare un primariato e occupare portaborse?
Un caso esemplare di questo sistema proliferativo ci viene dalla specialistica ambulatoriale: nelle strutture sanitarie della provincia di Reggio si ha un numero di medici specialisti in allergologia superiore a quello delle altre quattro province calabresi e dell’intera Basilicata. Ma non sta scritto da nessuna parte che nel Reggino vi sia un’incidenza più alta di malattie allergiche che in altre parti d’Italia né che i suoi medici di base siano a tal punto ignoranti in materia da demandare in toto la gestione del paziente allo specialista.
Un’altra domanda, che si collega al problema dei rimborsi alle farmacie. Quanta parte del disavanzo è imputabile al “comparaggio farmaceutico” (fenomeno caratterizzato da accordi criptici tra medici e ditte farmaceutiche per la prescrizione di determinate specialità medicinali, spesso di dubbia utilità)? La spesa farmaceutica potrebbe essere ridotta in misura statisticamente rilevante se, agli inutili controlli formali, si sostituisse un controllo mirato e sostanziale: verso quei medici grandi prescrittori di prodotti che, pur ancora presenti nel prontuario, già da tempo stati bollati come inefficaci dalla pratica clinica.
Last but not least, un’ultima domanda. Chi sono i beneficiari delle manovre interne riguardanti promozioni, trasferimenti, accorpamenti, divisioni, ecc? Tutte operazioni “politiche” di gestione del personale che, frutto di pressioni o amicizie, sono di dubbia o nessuna utilità per l’Asp e assolutamente ininfluenti per la qualità del servizio reso all’utenza. Visto il loro modesto costo, se ne potrebbe anche non parlare: ma è giusto invece farlo perché queste manovre, che occupano i livelli più alti dell’agenda dei vertici amministrativi e il cui pensiero è dominante finché non si sono risolte le beghe interne, sottraggono tempo ed energie mentali ai ben più importanti problemi che assillano la sanità reggina.