e, a volte, i coinvolgenti e gioiosi loro commenti che rivolgeva agli adolescenti durante la funzione delle 10.
All'uopo, avevo proposto a Don Pippo di raccogliere per un anno intero queste "lezioni" e di farne due pubblicazioni: "Il Vangelo per tutti" e "Il Vangelo per i nostri figli". Si sarebbero dovute registrare le omelie e, una volta sbobinate, revisionarne il testo per adattarlo alla fruizione scritta. Approntato il piano editoriale, avevo messo insieme anche un gruppo di finanziatori, i cui nomi sarebbero comparsi in una tabula gratulatoria in quarta di copertina: mancava solo la collaborazione, da parte di qualcuno di coloro che ogni domenica si battono il petto in Chiesa e si piccano di essere veri cristiani, per accendere e spegnere il registratore a ogni funzione (due operazioni di pochi minuti ogni domenica per 54 settimane). L'operazione non poté concretizzarsi per l'indisponibilità a questo piccolo sacrificio da parte dei bravi parrocchiani.
La seconda eccezione è costituita dagli scritti di Carlo Maria Martini, recentemente scomparso. Non è che abbia letto tutto di Martini, ma abbastanza per farmi riaccostare - anche se molto dubbioso e titubante - a quella comunità cristiano-cattolica che avevo "abbandonato" molti anni prima. Martini, infatti, dava dignità a un certo modo di pensare che oppone il dubbio alla certezza, la libertà al dogma, la scienza alla fede. Per me, una volta raggiunta una sufficiente maturità di pensiero, alcune scelte di libertà e autonomia erano state quasi "obbligate": come l'autodeterminazione a fronte di verità imposte dall'esterno o l'obbligo dell'intellettuale a seminare dubbi piuttosto che dispensare certezze o, ancora, il rispetto della persona umana al di sopra di qualsiasi credo religioso.
La lettura di Martini mi ha fatto scoprire che le mie idee non erano affatto eretiche e che, pur in un ambiente culturale dominato da un atteggiamento ancillare e servente verso un cattolicesimo ormai fuori da ogni rapporto con la realtà moderna, potevo benissimo non vergognarmi di loro ed esserne addirittura fiero. L'uomo prima di tutto, il suo benessere mentale e fisico posto come obiettivo primario; hic et nunc, senza rinvii a miglior vita: il resto, di cui non ci è dato di saper nulla di certo, si sarebbe visto dopo: perché ogni persona dev'essere libera di immaginarselo come meglio crede senza che la sua fede sia strumento di esclusione o ascesa sociale.
La dignità e il rispetto della volontà del malato anteposti alle caduche leggi dell'uomo e agli inumani diktat della medicina. Così Martini: "Non si può mai approvare il gesto di chi induce la morte di altri, in particolare se si stratta di un medico. E tuttavia non me la sentirei di condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di un ammalato ridotto agli estremi e per puro sentimento di altruismo, come pure quelli che in condizioni fisiche e psichiche disastrose lo chiedono per se (...) Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica , da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete , le circostante e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato". (da "credere e conoscere", Mondadori, dialogo con Ignazio Marino).
Tornando a noi, le omelie-esegesi di Don Pippo mi mancano (non che quelle di chi gli è succeduto siano inferiori qualitativamente, sono semplicemente un'altra cosa) e mi rammarico di non essere riuscito nel mio intento editoriale: "Il Vangelo per tutti", ovvero anche per i non credenti secondo l'insegnamento di Carlo Maria Martini, sarebbe stato un ottimo strumento di progresso umano e culturale. L'iniziativa non è stata apprezzata e appoggiata proprio da coloro i quali si avvicinano settimanalmente ai sacramenti, come certamente non sono state da loro apprezzate le idee progressiste e moderne del Cardinale Martini sul testamento biologico, sull'uso del condom, sull'apertura ai non credenti, ecc. Comunque, in fin dei conti, la comunità è la loro: che se la tengano così come gli piace.