* Virgilio, al verso 49 del secondo canto dell’Eneide, pone sulle labbra di Laocoonte questa memorabile espressione: “Timeo Danaos et dona ferentes” (“Temo i Greci anche quando portano doni”). Il nostro, figlio di Antenore, era sacerdote di Apollo a Troia: convinto che dai Greci fosse stato ordito un inganno ai danni della sua città, col suo parlare tentava di convincere i Troiani a non introdurre in città quell’enorme cavallo di legno (il “Cavallo di Troia”) che i Greci avevano lasciato sulla spiaggia fingendo di ritirarsi. Il mito racconta che la dea Atena, protettrice dei Greci, impedì che la lungimiranza di Laocoonte contagiasse gli abitanti di Ilio, il cui destino era già segnato: fece uscire dalle acque del mare due grossi serpenti che, sulla spiaggia, avvinghiarono Laocoonte e i suoi figli stritolandoli. La scena, secondo Plinio il Vecchio, venne “fotografata” dagli scultori Athanadoros e Polydoros di Rodi: le tracce della statua si persero fino al gennaio del 1506, quando Giuliano da Sangallo, architetto di Papa Giulio II della Rovere, rinvenne il gruppo scultoreo vicino al Colosseo. Oggi il Laocoonte è esposto nel Cortile Ottagono dei Musei Vaticani a raffigurare il pathos e il dramma della sofferenza fisica e morale di un uomo che sacrifica la propria vita e quella dei figli per la salvezza della sua città.
* Questa la storia del mito, che come tutti i miti insegna a pensare e a contestualizzare gli insegnamenti. Noi meridionali dobbiamo temere il governo romano, di qualsiasi coloritura politica sia, anche quando ci porta doni. Se con la mano destra te ne offre uno (ammesso che il Ponte sullo Stretto possa essere assimilato al concetto di regalo) con la sinistra sta certamente per toglieri qualcosa. E’ così che Roma toglie a noi, abitanti calabresi dell’Area dello Stretto, i finanziamenti per il sistema viario e degli attracchi a Villa san Giovanni, quelli per la maxitangenziale da Villa a San Gregorio e, dulcis in fundo, anche quelli per la Metropolitana del Mare tra Messina e Reggio (onestamente dei megalotti della s.s. 106 Sibari-Roseto e Crotone-Cariati, già oggetto di distrazione di fondi ex Fintecnica, a noi reggini non ce ne frega nulla).
* Per Prodi noi eravamo i “figli prediletti”, ovvero quelli per i quali mai si sarebbe ucciso il vitello grasso: abbiamo così ricevuto solo qualche avanzo dei pasti romani. Per Berlusconi, vista l’esperienza dell’essere “prediletti”, sarebbe meglio essere come il “figliol prodigo”, per il quale si banchetta col vitello grasso: ma anche stavolta sembra che non ci stia andando molto bene.