Giovedì, 19 Aprile 2012 08:44

PARCHI LINEARI A "SCARTAMENTO RIDOTTO"

Alla fine del XIX secolo, quel secolo positivista che aveva individuato nella sinergia tra sviluppo industriale e minerario il volano del progresso, venne progettata una linea ferroviaria in grado di collegare in Sicilia i bacini minerari zolfiferi con la zona industriale e le raffinerie a ridosso del porto di Catania. Nel 1902 vennero definiti i criteri di costruzione (in economia e a scartamento ridotto), e nel 1906, quando le appena costituite Ferrovie dello Stato subentrarono alla Rete Sicula, vennero appaltati i relativi lavori.

Nasce così la storia della ferrovia Dittaino - Piazza Armerina - Caltagirone.

Tralasciando i particolari, dagli interessati facilmente rintracciabili su wikipedia, si riporta solo che, a causa del crollo della produzione di zolfo minerario dopo il 1922 e della successiva perdita di interesse a investire nelle ferrovie siciliane, raggiunta Piazza Armerina nel 1920, Caltagirone venne collegata solo nel 1930: con tale economia di mezzi che il tracciato presentò quasi subito criticità strutturali che determinarono cedimenti e frane. Inoltre, una volta reso possibile il trasporto gommato, la lentezza della percorrenza dovuta alle vecchie locomotive a vapore dalla velocità massima di 30 km/h, determinò l'obsolescenza della linea. La lenta agonia venne interrotta solo per pochi anni nel secondo dopoguerra con l'immissione di nuove motrici più veloci. Ma il destino era comunque segnato: nel 1969 venne chiusa la tratta da Piazza Armerina a Caltagirone; nel 1971 fu la volta della Dittaino - Piazza Armerina.

Questa triste storia ha però un lieto fine. Nel 2001 viene inaugurata, come parco lineare, una pista ciclopedonale di 8 km ricavata su un tratto della dismessa sede della ferrovia Caltagirone - Piazza Armerina - Dittaino, primo intervento di tale genere in Sicilia. Con partenza dalla ex stazione di Salvatorello, fuori dall'abitato di Caltagirone, il parco lineare si conclude all'ex stazione di San Michele di Ganzaria, riutilizzata in veste di punto di accoglienza turistica e centro polivalente. Antichi paesaggi agricoli e scorci naturali carichi di storia vengono rivalutati e rivisitati con un recupero di un pezzo di quella che fu una tipica espressione dell'illusione positivista dell'Ottocento sulle "progressive sorti".
Un altro esempio di riutilizzo a fini turistici del percorso di vecchie ferrovie è quello presente in Val Gardena. Della vecchia ferrovia che collegava Chiusa a Plan con un percorso di 31 km (interessanti dettagli sono reperibili sulla rete), la parte più in alto è stata adibita ad agevole sentiero ciclo-pedonale. Finalizzati a non disperdere nel tempo la memoria dell'impegno e della fatica dell'uomo, altri esempi di questo tipo di riutilizzo sono riscontrabili in altre zone d'Italia.

In Calabria abbiamo i resti dei vecchi tracciati delle ferrovie calabro lucane, la cui lunga e interessante storia è anch'essa reperibile su internet. Nel 1926, resisi conto che l'ambizioso obiettivo di una rete di 1271 km non si sarebbe potuto raggiungere, si decise di ridimensionare il progetto limitandosi a completare i lavori già iniziati. Nel 1934 vennero sospesi i lavori quando erano attivi 765 Km, di cui già allora ampi tratti erano già desueti e improduttivi. L'unica eccezione fu la tratta Camigliatello - San Giovanni in Fiore, che venne completata nel 1956. Nel 1989 ciò che restava della già ampiamente mutilata rete fu scissa in due distinte gestioni governative: le Ferrovie Appulo Lucane (FAL) e le Ferrovie della Calabria (FC). Da allora si accentuò, ormai inarrestabile, il declino con una progressiva chiusura di quasi tutti i tratti, sostituiti con collegamenti di autolinee, e la soppressione nel 1997 delle linee Camigliatello - S. Giovanni in Fiore e Palmi - Sinopoli.

Concepite sin dall'origine come "ferrovie di montagna" per caratteristiche prevalenti del territorio attraversato, la storia delle ferrovie calabro lucane a scartamento ridotto - come peraltro quella di tutte le tratte ferroviarie locali italiane - è strettamente legata al vissuto delle popolazioni servite, alle sue tradizioni e cultura. Dare a questi collegamenti ferroviari abbandonati una seconda vita da parco lineare (più o meno tematico, più o meno ciclabile o percorribile a cavallo, ecc. ) non è solo un investimento turistico a basso costo ma anche un omaggio alla storia dei luoghi per far sì che non si disperda un grande patrimonio di ricordi e tradizioni rurali.

Da questo punto di vista, la realizzazione di questi parchi lineari a scartamento ridotto (si pensi per esempio a quello che potrebbe derivare dal recupero della tratta tra Gioiosa e Mammola) è una sorta di dovere antropologico.

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