Il nome di una persona sul simbolo di un partito, infatti, ovvero il "segno" di un uomo che rappresenta e personifica tutto quanto sta dietro la compagine, è stata la maggiore e peggiore eredità (si può parlare ormai al passato) che Belusconi ha consegnato alla storia politica della nazione.
Questa eredità, costituita dalla identificazione degli interessi del partito con quelli di una sola persona e dalla scomparsa del confronto tra idee, sostituito dalla scontro tra persone, è stata nei fatti rifiutata dall'assise fondativa della nuova Destra italiana.
Questa nuova Destra, con l'acronimo FLI al posto del nome del suo uomo oggi più rappresentativo, vuole dare un messaggio forte e chiaro, insuscettibile di fraintendimenti; un messaggio che in se contiene le premesse del programma e in un certo senso già lo supera proiettandosi al futuro: primato delle idee sugli uomini, ritorno della politica, affermazione di un moderno pensiero democratico.
È questa l'essenza, l'intima ratio, di un gesto che vuole fare delle due parole "futuro e libertà" un qualcosa in cui credere e in cui ci si possa riconoscere prescindendo dai politici che di volta in volta ne reggeranno il vessillo.
Un'operazione ad alto rischio dal punto di vista mediatico, in un mondo dominato dall'apparire, e appunto per questo motivo decisamente elitaria: ma sono sempre stare le élite che hanno costruito il futuro precorrendo, a loro rischio, i tempi; piuttosto che, senza rischio, semplicemente interpretando lo spirito dei tempi.