Un'informazione corretta e puntuale avrebbe dovuto riportare in maniera oggettiva la notizia degli applausi a Giovanni Tegano che usciva ammanettato dalla questura, ovvero evidenziare che i presenti altri non erano che familiari e accoliti del carismatico boss.
E poi, basta vedere le riprese televisive per rendersi conto che le centinaia di persone plaudenti erano solo nella fantasia di redattori in cerca di scoop, che costoro erano poco più di cinquanta (numero che rende plausibilissima l'ipotesi che la "cittadinanza" non fosse altro che una rappresentanza del parentado di Tegano) e che le grida in effetti erano costituite da un unico urlo di una donna in gramaglie che si sbracciava scomposta in un "Tegano, uomo di pace".
Una donna di ‘ndrangheta, quindi, evidentemente disperata che la pax mafiosa garantita dal boss sia ora messa in discussione e che i suoi familiari possano di nuovo essere attirati in una spirale di faide tra famiglie. Non una cittadina che inneggia alle virtù civiche di un boss, quindi, ma una donna di mafia che urla cose di mafia affinché siano sentite da uomini di mafia.
Informazione distorta, quindi, scandalistica, che non controlla a sufficienza le fonti e che, evidentemente, si basa su stereotipi consolidati e difficili da estirpare: ogni qual volta si descrive Reggio lo si fa con sullo sfondo una cittadinanza prona alla ‘ndrangheta se non proprio collusa.
Una delle poche voci imparziali nel riportare i fatti è stata quella del web magazine della Fondazione FareFuturo.
La redattrice Cecilia Moretti così si esprime nel contesto del pezzo di cronaca e commento: "Un neo, però, a guastare il sapore buono di un obiettivo importante raggiunto dallo Stato per il paese, c'è. Ed è tristemente la reazione di parte della cittadinanza all'arresto del boss. Davanti alla questura, infatti, ad attendere l'uomo in manette, vi era un gruppo di alcune decine di persone riunitesi lì per applaudirlo e, tra la piccola folla, si è levato il grido di qualche donna che scandiva distintamente le parole: «Tegano uomo di pace».
Le centinaia di persone sono diventate, ragionevolmente, "alcune decine" e "qualche donna". L'errore di aver parlato di "parte della cittadinanza" senza specificare di quale cittadinanza, ovvero del presunto rapporto parentale dei presenti col boss, è veniale oltre che giustificabile.
Un'altra lezione di stile che ci viene data dalla Fondazione presieduta da Gianfranco Fini.