Giustissimo: ma, per integrare i territori diversi e lontani dal punto di vista storico e antropologico, si deve pur cominciare da un punto. Questo punto non può essere rappresentato che dal legame storico delle due città dirimpettaie. Ed è su questo specifico argomento che mi sento di aggiungere qualcosa a quanto esposto dal prof. Costa.
Pur l'unica città calabrese ad avere la specificazione "Calabria", Reggio è la città meno calabrese di una Regione dalle 43 etnie e gruppi culturali: delle tante Calabrie è la meno continentale, la più mediterranea: si può dire che sia anche un po' "insulare". Non solo dal punto di vista culturale (l'insularità è anche psicologica, è uno stato della mente, una sensazione di isolamento, una coscienza di diversità) ma anche antropologico. Abitando una città (o una fascia costiera) limite, di frontiera, i reggini hanno sempre avuto con l'altra sponda dello Stretto un interscambio certamente maggiore di quello intercorso con le altre zone, interne e costiere, della Calabria: i superstiti registri parrocchiali della Candelora ci dicono che nella prima metà del 1600 quasi una famiglia su cinque di quelle ivi residenti era messinese; lo stesso fenomeno era specularmene presente a Messina nei registri di Santa Maria dell'Arco. In quello stesso periodo, sotto la dominazione spagnola, furono proprio le interazioni commerciali con l'altra sponda (esportazione della seta grezza, la cui produzione era l'attività trainante del territorio reggino, attraverso il porto franco di Messina) che protessero la nostra città da una crisi economica tanto accentuata da mandare in crisi demografica la restante Calabria.
L'insularità reggina, oltre che culturale e antropologica, può persino essere letta in un'ottica topografica, come specificità e perifericità territoriale: non è senza significato, infatti, che in alcune cronache bizantine anche l'estremo lembo dello Stivale venisse chiamato Sicilia. Ci fu un periodo in cui, dopo la caduta in mano araba di Siracusa avvenuta nell'878, il titolo di Metropolita della Sicilia fu assegnato all'Arcivescovo di Reggio. Nel codice Vat. Gr. 1650 datato 1037, al f. 185 in una postilla scritta dal chierico siciliano Teodoro in servizio all'Arcivescovo di Reggio, si legge che ancora allora questi era il Metropolita della Calabria e della Sicilia. D'altronde lo Spanò-Bolani, parlando di quel periodo, così dice: "Donde seguì che quest'ultimo lembo d'Italia fosse chiamato alcune volte Sicilia, e così incontra presso i cronisti bizantini esser detto Vescovo di Sicilia il Vescovo di Reggio".
Una Reggio insulare dal punto di vista identitario, identità che può pienamente condividere a livello provinciale solo con la fascia tirrenica fino a Bagnara, vede il suo sviluppo futuro non necessariamente legato solo alla sua Provincia e alla sua Regione. Questo dev'essere il punto di partenza del processo di integrazione dell'Area dello Stretto: il resto non potrà che avvenire di conseguenza.