È di questi giorni la notizia che la Stazione sperimentale per le industrie delle essenze e dei derivati degli agrumi (SSEA), presente e autonomamente attiva in città per quasi cento anni, non verrà accorpata a quella di Parma ma semplicemente messa sotto la sua tutela: il documento che verrà firmato dal commissario Marcello Parrinello e dal direttore della Stazione di Parma sancirà infatti un partenariato di collaborazione integrativa che nella sostanza limiterà l’autonomia della Stazione reggina. Questa decisione è stata assunta in base alla constatazione della presenza e della funzionalità nella sede di Reggio delle attrezzature necessarie e sufficienti a garantire l’efficienza del sistema di controllo sul Dop (Denominazione di origine protetta “Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale”).
Il pericolo del trasferimento della storica struttura reggina sembra quindi scampato. Ma cosa c’è a monte di questa crisi che stava portando alla chiusura della Stazione sperimentale, proprio mentre l’attribuzione del Dop e l’utilizzo anche nel settore farmaceutico e gastronomico pongono alcune solide premesse per l’incremento della produzione e per la valorizzazione commerciale del bergamotto?
Le premesse al paradosso di un trasferimento a Parma di competenze e funzioni relative a un agrume che si coltiva solo sul versante ionico della provincia reggina, furono poste dal provvedimento di commissariamento dell’ente adottato dal Ministero delle attività produttive il 26 novembre del 2005.
Quali le cause del commissariamento?
Una di queste è certamente ascrivibile alla posizione assunta dalla Cgil e dall’Uil, che presentarono un (1) circostanziato esposto alla Procura della Corte dei Conti di Catanzaro cui seguì (2) l’intervento dell’Ispettorato generale di Finanza del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Questo, tra l’altro, evidenziò (3) l’anomala composizione del Consiglio di Amministrazione, in cui mancavano i rappresentanti del Consorzio del Bergamotto sostituiti da consiglieri in rappresentanza di aziende che non contribuivano al sostentamento della Stazione. Altra causa fu (4) il deficit di bilancio di circa 500.000 euro all’anno e (5) il rigetto del bilancio preventivo da parte degli uffici addetti alla vigilanza dell’ente.
Come si arrivò a questo deficit di bilancio nonostante i finanziamenti della Regione e della Camera di Commercio? Si può parlare di gestione poco oculata e di scelte manageriali sbagliate?
Certamente alcune grosse anomalie gestionali ci furono.
Diamo qualche esempio. (1) Per la costituzione del laboratorio per le diossine e i microinquinanti fu speso, tra attrezzature e formazione del personale, di circa un miliardo di vecchie lire: non si produsse alcun rientro economico a causa di costi fissi di gestione superiori al fatturato; il suo direttore, formato a spese dell’ente, si dimise. (2) Furono attivati altri tre laboratori (“oli essenziali non agrumari”; “confezionamento e processi termici”; “OLAB”): eseguirono solo poche analisi e senza fornire concreti servizi alle imprese. (3) Venne finanziato un dottorato di ricerca con una borsa di studio di 53.000 euro presso il Dipartimento di biologia vegetale dell’università di Torino: il vincitore della borsa non si vide mai a Reggio.