“Il problema fondamentale dell’Area dello Stretto, è bene ribadirlo, è il problema dei trasporti” (…) “I progressi sociali e tecnologici degli ultimi anni, l’aumentato livello medio di vita e quindi i movimenti accresciuti di persone e merci, hanno trasformato l’Area dello Stretto in un punto nodale, critico, spesso ai limiti di una saturazione accettabile”. La citazione non è di oggi ma di quasi 30 anni fa: è l’incipit de “Il problema dei trasporti nell’Area dello Stretto” (Editer, Roma, 1982) scritto da Nello Vincelli nel 1980, due anni prima della sua pubblicazione.
Sono passati trenta anni e ci diciamo sempre le stesse cose; cambiano i tempi, le cose, le persone: ma resta sempre una chimera l’integrazione del sistema dei trasporti tra le città che si affacciano sul braccio di mare che le unisce in miti e storia e tradizioni e cultura.
L’ultimo tavolo di lunedì primo dicembre, e la costituzione di un ennesimo Comitato (stavolta chiamato Interistituzionale: composto dai Comuni, dalle Provincie, dalle Università e dalle Camere di Commercio dell’Area), porterà finalmente qualcosa di nuovo e positivo? O si è semplicemente coniata una nuova sigla ovvero costituita la solita scatola piena di parole e vuota di fatti?
La saggezza di un navigato politico, di quelli della vecchia DC, dice: se si vuole che un progetto non si realizzi, basta costituire una Commissione ad hoc. I maestri di questi giochi sapevano che le cose che si debbono e si vogliono fare, una volta avuti i dati tecnici, si fanno e basta, comunicando il tutto a cose fatte.
Quindi, un po’ preoccupati per la costituzione di un ennesimo tavolo lo dobbiamo essere: perché tutto quello che si doveva dire, sullo stato dei trasporti nello Stretto, è stato già detto e anche scritto (basta aggiornare i dati) con la produzione di validi studi e ricerche su come ci si deve muovere e agire. Oggi vorremmo sentire parlare i tecnici a riguardo; e vorremmo vedere i politici fare ciò che viene loro indicato come fattibile e utile: nessuno sente il bisogno di ascoltare i politici. Eppure si continuano a riunire e parlare: fanno tavoli, discutono, organizzano comitati.
E gli anni passano per mettere insieme, concordare, equilibrare: mentre non vi sarebbe nessun ostacolo a incontri bilaterali di vertice che in pochi giorni decidessero sulla scorta degli studi già effettuati. Auguste Compte parlava di “corporation savante” cui affidare il potere gestionale sottratto al momento politico: una cultura elitaria e “positiva”, in linea con lo spirito del positivismo del XIX secolo, avrebbe dovuto sostituire ai vertici le parole della politica con i fatti della scienza. Ma era solo un’utopia.