L’Università Mediterranea è stata per lunghi anni, nonostante la sua progressiva crescita, quasi un corpo estraneo alla città. Dalla fine degli anni Novanta, anche attraverso un’attenta promozione della sua immagine rivolta alla cittadinanza, Reggio ha cominciato a considerare veramente “sua” la Mediterranea: sì da determinarsi tra territorio e Ateneo una sorta di osmosi culturale che ne ha favorito il reciproco arricchimento. È per questo motivo che, pur riconoscendo in essa i difetti insiti nel sistema universitario italiano, da cittadini reggini non possiamo accettare supinamente le espressioni di Massimiliano Fuksas sparate ad alzo zero sulla nostra Mediterranea durante l’ultima trasmissione di Anno Zero.
Bene ha fatto il preside delle facoltà di Architettura Francesca Fatta a puntualizzare e a prendere le dovute distanza da quanto superficialmente affermato da Fuksas; benissimo ha fatto il magnifico rettore Massimo Giovannini, nel suo intervento, a segnalare l’eccessiva acrimonia e soggettività di proposizioni servite su di un servizio informativo pubblico e senza possibilità di replica: la città di Reggio non può che essere solidale con queste prese di posizione, che comunque purtroppo non possono riparare il subito danno in immagine.
Doverosamente detto questo, non possiamo però non riconoscere un fondo di verità alle parole dell’architetto delle Twin Tower di Vienna o del New Trade Fair di Milano o dell’erigendo Centro Congressi di Roma Eur.
La Mediterranea, infatti, non si può considerare un’isola felice nel generale contesto universitario italiano ed è ampiamente contaminata dai suoi vizi: la ricerca è valutata solo in maniera quantitativa; grandezza del “medaglione” (e non la sua struttura e qualità) e buona “presentazione” (di tipo familistico, basta vedere i cognomi, o clientelare, basta vedere la provenienza) sono titoli sufficienti ad aprire le porte dei concorsi; la didattica a volte è l’ultima preoccupazione per docenti e loro portaborse; la valutazione è affidata a una commissione interna (il c.d. nucleo di valutazione) che produce solo ingombranti e illeggibili faldoni destinati al macero; i percorsi professionali a volte hanno iter quantomeno fantasiosi. Queste sono indiscutibili oggettività che giornalmente mortificano e umiliano coloro i quali – comunque non pochi – svolgono con professionalità e competenza il proprio lavoro di ricerca e insegnamento.
Dobbiamo amare la nostra città e tutto ciò che le può portare un utile: la Mediterranea è utile alla città e la dobbiamo amare. Ma questo non ci deve autorizzare a sopravvalutarla: sono possibili ampi margini di miglioramento e deve migliorare. Lo potrà fare solo se continuerà in quel processo di osmosi culturale e sociale con la città che è stato con lungimiranza avviato. L’autoreferenzialità non ha mai portato lontano e non ha mai prodotto nulla che non fosse immobilismo e sclerotizzazione: è l’apertura al confronto e l’accettazione delle critiche la strada più adatta per progredire.