Uno dei tanti commenti lasciati sul blog www.diarioreggino.it a commento della presa di posizione “possibilista” sulla creazione a Saline di una centrale a carbone di nuova generazione – ossia di quelle che si stanno attualmente costruendo in molti altri siti del mondo occidentale, e non poveri come il nostro, con l’appoggio di un’informata e consapevole opinione pubblica – può essere assunto a paradigma di un comune sentire che, nonostante l’aggressività dell’integralismo ambientalista, sta emergendo dal silenzio mediatico che le è stato imposto dall’impoliticità di una valutazione oggettiva del progetto SEI.
Così scrive Tanya, il cui indirizzo e-mail non pubblichiamo per non farla sommergere dalla violenza dialettica di chi pensa, pur disinteressatamente, di combattere per una sacrosanta crociata: “Che dire … ha detto tutto quello che c’era da dire. La realtà è che gli pseudo-ambientalisti, o meglio gli integralisti ambientalisti, stanno giocando allo “sfascio”; ma il problema più grave è che il gioco lo stanno conducendo ai danni di una zona già “sfasciata”! Poveri noi!!!”
Tanya pone l’accento sul vero problema della zona di Saline: è già “sfasciata” e irrimediabilmente compromessa.
Penso che nessuno per la propria città, come pure per il territorio cui è legato da vincoli identitari o per il proprio paese vissuto con la memoria dell’infanzia, desideri un inestetico futuro industriale: nei sogni di tutti, perché non è necessario essere ambientalisti per avere sogni, vi sono ordinati giardini, strade pulite, villette dignitose, lavoro sotto casa, attività produttive legate al turismo e alla cultura, benessere e gaia vita comunitaria.
Ma c’è una realtà con cui confrontarsi: una realtà che mi è stata più volte messa sotto gli occhi da chi, straniero nelle nostre terre, riesce a vedere ciò che noi non possiamo e non vogliamo vedere, avvolti come siamo da una nuvola di memorie di com’era il territorio prima che venisse straziato dai miraggi industriali.
La realtà, purtroppo, è che la zona cha va da Capo dell’Armi a Saline risulta ormai irrimediabilmente “sfasciata”, come giustamente afferma Tanya: non vi saranno mai le risorse economiche sufficienti per una sua trasformazione in senso turistico, cosa che un tempo – prima della costruzione della Liquichimica e delle OGR, altro monumento eretto a futura memoria della cattiva amministrazione delle risorse pubbliche – si sarebbe potuto agevolmente fare fruttando la naturale vocazione del territorio.
Un solo dato in proposito. La Regione Calabria ha stanziato 50 ml di euro – che peraltro forse mai arriveranno – per il risanamento e la riconversione in senso turistico del territorio in questione: è solo un’ininfluente briciola, visto che per il solo riadattamento e riutilizzo del porto sono necessari da 120 a 150 ml di euro. 50 ml di euro, 100 mld delle vecchie lire, sono un’invereconda elemosina regionale che, se gli amministratori locali avessero la colonna vertebrale un po’ meglio calcificata, si dovrebbero rispedire con dignità e a schiena dritta al mittente.