Che cos’è la follia? Follia è, soprattutto, diversità: quando si sono cominciati a rinchiudere i diversi la follia è stata messa a tacere. Solo i folli geniali (Horderlin, Nerval, van Gogh, Nietzsche, ecc..) hanno continuato a far sentite, sfuggendo alla reclusione, la loro folle voce. Non sono stati definiti folli quasi tutti i grandi innovatori, non solo nel pensiero e nell’arte ma anche in ambito scientifico? Pier Aldo Rovatti afferma che l’uomo libero e pensante sta sempre a cavalcioni del muretto che separa la razionalità dalla follia: può in ogni momento decidere da che parte scendere.
La “non follia” è l’omologante normalità: solo avvicinandosi alla nera luce dell’insensato, spingendosi al suo estremo limite, il pensiero riesce a progredire, a non pensare solo ciò che dev’essere pensato o ciò che gli altri hanno pensato.
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Cos’è, quindi, la follia se non una dimensione dell’uomo? D’altronde Pascal affermava che «Gli uomini sono così necessariamente folli che sarebbe un’altra forma di follia non esser folli».
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L’uomo non perde certo la sua umanità quando, spintosi troppo oltre in inesplorati territori della mente, non riuscendo più a orientarsi, vi si perde: anche se non è un genio, anche se è l’ultimo degli abitanti di uno sperduto gruppuscolo di case in un remoto involuto paese
Dal diverso, quindi, il normale si difende: con l’esclusione, con la reclusione. Ma, come scrisse Dostoevskij nel suo “Diario di uno scrittore”, «Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buon senso».
Michel Foucault, nella sua monumentale “Storia della follia” pubblicata nel 1961, così si pronuncia: «Bisogna fare la storia di quest’altra forma di follia: di questa forma attraverso la quale gli uomini, nel gesto di sovrana ragione che rinchiude il loro vicino, comunicano e si riconoscono nel linguaggio spietato della non-follia».
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La follia è quindi un jolly (afferma Pier Aldo Rovatti nel suo “La follia in poche parole”), è un indefinibile concetto che cambia posto e significato ad ogni frase: Pascal: «Tutti siamo folli», «E’ folle chi non lo riconosce»; Dostoevskij: «Imprigionando i matti, non ci togliamo il dubbio di esserlo a nostra volta»; Foucault: «La ragione è un’altra forma di follia», «Quest’altra follia parla il linguaggio spietato della non-follia».