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Messina affronta la più profonda e seria crisi economica dal secondo dopoguerra. La situazione è drammatica: una famiglia su quattro vive in stato di povertà, ildeclino del sistema produttivo sembra ormai irreversibile, la disoccupazione haraggiunto livelli di guardia e le statistiche, ormai da diversi anni, pongono la cittànelle ultime posizioni per qualità della vita.
Una città che riveste una posizione di assoluta marginalità a livello regionalerispetto a Palermo e a Catania. Marginalità nella capacità della sua classe politicadi incidere sulla programmazione e sulla distribuzione delle risorse finanziarieregionali. Una città che, a causa delle continue e diffuse gestioni commissariali, èstata espropriata della sua autonomia nella scelta di una classe dirigente in gradodi dare attuazione ai piani di sviluppo che la legge assegna alle varie istituzionilocali e territoriali. Una città e una provincia, infine, che hanno indirizzato la spesadei Fondi Europei prevalentemente a interventi frammentati che, in assenza di unaprogrammazione strategica e di sistema, ha finito per alimentare anche forme diassistenzialismo e clientelismo non più tollerabili.
Negli ultimi 50 anni la spesa pubblica è stata la principale leva in grado di generareopportunità occupazionali sul nostro territorio e gli enti locali sono stati utilizzatispesso come ammortizzatori sociali. Tutto ciò non è più ripetibile. Le politicheeuropee e i problemi di sostenibilità del debito pubblico lasciano intuire continueriduzioni dei flussi di spesa che dal Centro si trasferiscono alle regioni del Sud e,quindi, alla nostra realtà; si profila un aumento dell'imposizione fiscale locale (chesi aggiunge alla ormai insostenibile tassazione nazionale) per mantenere i servizioggi esistenti.
In assenza di politiche forti, condivise che segnano discontinuità ed inversione dirotta per rompere il circolo vizioso che si è consolidato nei decenni passati,assisteremo al verificarsi di una molteplicità di fattori negativi: a) ulteriorecontrazione del numero di occupati nei settori dell'industria, del commercio edell'edilizia, b) forte blocco al turn-over nelle amministrazioni pubbliche; c)riduzione complessiva delle attività svolte dai liberi professionisti; d) aumento deldisagio economico e sociale (i dati sull'occupazione giovanile sono allarmanti); e)ripresa del fenomeno emigratorio (sono tremila i giovani che lasciano ogni anno ilnostro territorio in cerca di occupazione e sono, purtroppo, quelli laureati) conulteriore impoverimento del capitale umano; f) ulteriore estensione dell'attivitàcriminale che per molti disoccupati disperati rimane una possibilità disopravvivenza; g) drastica riduzione delle politiche di welfare locale e di assistenzaalle fasce più deboli (disabili, anziani, infanzia).
In questo contesto, oltre alle doverose politiche di contrasto a tali fattori negativi, lanostra città sarà obbligata a scegliere la strada virtuosa dello sviluppo. La parolachiave per il futuro è crescita economica unita alla sostenibilità ambientale. Purriconoscendo che un ruolo decisivo alla ripresa del sistema economico locale derivadalla capacità del governo nazionale di intervenire per ridurre le diseconomieesterne dei territori del Mezzogiorno, di diminuire il carico fiscale, che grava sulleimprese e sul lavoro, di potenziare le infrastrutture materiali ed immateriali, dicontrarre la spesa pubblica improduttiva, dobbiamo prendere coscienza che lapartita non dipende soltanto dalle politiche del governo nazionale.
Non possiamo continuare a pensare che l'iniziativa e lo start-up del processo diinnovazione e cambiamento debba essere intrapreso a partire dalle istituzionicentrali. La partita dipende innanzitutto da noi, dalla nostra capacità di faresistema, di valorizzare le risorse locali, di creare condizioni positive e di vantaggioche incentivano l'attrazione di nuovi investimenti e, quindi, la possibilità di creareopportunità di lavoro.
Occorre, pertanto, ripensare il ruolo, fino a questo momento insufficiente, svoltodagli enti pubblici e territoriali nella promozione dello sviluppo. Occorre mostrare,nei fatti, una sensibilità maggiore verso l'interesse generale, recuperare il sensocivico dell'appartenenza e l'orgoglio della nostra identità.
Occorre, ancora, segnareun'inversione di tendenza nella gestione delle risorse finanziarie pubbliche, nellavalorizzazione delle risorse umane, premiando il merito e le competenze, e nellapromozione di una nuova visione strategica di sistema, che sia coerente con laposizione geografica baricentrica, nel contesto del Mediterraneo e con le nuovelinee di indirizzo dell'Unione Europea, che considera le città metropolitaneelemento chiave per competere nel mondo globalizzato.
Punto focale in questa prospettiva di sviluppo è l'aggregazione delle due cittàmetropolitane: quella di Messina a 51 Comuni e quella di Reggio Calabria:aggregazione strategica, necessaria, diremmo quasi naturale. Un'area in grado digenerare economie di scala e vantaggi economici che consentiranno al nuovosistema di competere con altre città metropolitane europee che si affacciano sulMediterraneo, per l'attrazione di investimenti e per la capacità di innovazione,condizioni indispensabili per intercettare flussi di beni e servizi che transitano dalMediterraneo verso l'Europa.
In questo nuovo spazio europeo sarà possibile valorizzare le ampie e qualificaterisorse sottoutilizzate, il patrimonio ambientale e culturale, le conoscenzescientifiche radicate nelle due Università e nei centri di Ricerca del CNR. Saràpossibile, inoltre, sviluppare nuove attività nei settori della green economy, dellalogistica, del potenziamento della rete dei trasporti, della cantieristica,dell'agricoltura, del commercio, delle diverse attività manifatturiere, del settore delturismo, cioè su tutti quei settori in grado di rilanciare il nostro sistema economico.
L'area metropolitana dello Stretto in cui dovranno avere un ruolo attivo non solo lecittà di Messina e Reggio ma anche il loro vasto e articolato hinterland, rappresentaun bene comune, da qualificare come elemento di eccellenza per uno svilupposostenibile, capace di valorizzare il genius loci dell'area integrata dello Stretto cheaffonda le proprie radici nel Mito e che negli ultimi decenni è rimasto, purtroppo,sommerso.
Consapevoli che Messina e Reggio Calabria sono state forti quando sono state traloro integrate mentre sono state deboli, quando si sono ignorate, riteniamo siagiunto il momento di impegnarsi direttamente per sostenere la realizzazionedell'Area Metropolitana dello Stretto, con l'integrazione delle due cittàmetropolitane, che costituisce la chiave di volta per il futuro sviluppo del nostroterritorio, riaffermando così il ruolo che Messina merita di avere nel panoramaregionale, nazionale, europeo.
Chiediamo, pertanto, alle Istituzioni che si adoperino per convocare a Messina gliStati Generali dell'Area Metropolitana dello Stretto così da porre, come è avvenutoper altri ben più importanti e significativi processi di integrazione, la prima pietranella costruzione di questo ambizioso ma realizzabile ed esaltante progetto dicoesione politica e territoriale.
Questo Manifesto, promosso da fmedè Gambino e Michele Limosani, docentidell'Università degli Studi di Messina, viene condiviso e sottoscritto da: Salvatore Arcovito, Michele Bisignano, Ivo Blandina, Francesco Celona, Giovanni Calabrò, ElioConti Nibali, Dario Caroniti,VincenzoCiraolo, Antonino De Simone, Pino Falzea, ToninoGenovese, Ornella Laneri, Dario La Tella, Giovanni Lazzari, Lillo Oceano, Carmelo Picciotto,Franz Riccobono, Antonino Samiani, Alfredo Schipani, Rocco Giovanni Scimone, GabrieleSiracusano, Enrico Spicuzza, Santi Trovato, Giuseppe Vermiglio.