All'uopo cita un aforisma di Georg Christof Lichtenberg: "Le bugie più pericolose sono le verità leggermente deformate".
Naturalmente il riferimento ai precedenti lavorativi ha un senso: Sepùlveda, infatti, subito dopo afferma che la mentalità di burocrate servile, unitamente alla manifesta ignoranza di Mariano Rajoy su tutto ciò che si presume debba conoscere un capo di stato, derivano appunto dalla modestia di un lavoro ripetitivo e privo di slanci culturali.
Il tema dell'ignoranza è il punto centrale del suo ragionamento, tant'è che subito dopo cita il presidente della comunità autonoma di Madrid, Esperanza Aguirre, famosa per le sue pubbliche dimostrazioni di inadeguatezza culturale. Ne cita una di queste: richiesta di esprimere la sua opinione sulla letteratura portoghese indicando un autore preferito, rispose di essere grande ammiratrice della poetessa Sara Mago.
Venendo ai nostri giorni e alle nostre terre, le cose cambiano ben poco. Ma, non essendoci persone dello spessore di Sepùlveda e, cosa non trascurabile, della sua robustezza sociale ed economica (in grado di proteggerlo dall'inevitabile isolamento sociale che comporta la feroce irrisione dei politici), i nostri amministratori - in mancanza di una puntuta critica - riescono il più delle volte a camuffare sotto roboanti enunciati una sostanziale ignoranza degli argomenti su cui vorrebbero discettare.
Ed ecco che, se si esclude qualche fugace battuta che lascia il tempo che trova, non viene stigmatizzata né irrisa la debolezza intellettuale dei nostri politici. Si lascia così tutto al giudizio del gossip, ai racconti da barzellettiere: il Portogallo nazione mediterranea; i cimiteri da rendere vivibili; il concerto per archi che si sarebbe dovuto reiterare anche a Gallico. Quante ne abbiamo sentite e quante ne dovremo ancora sentire! Ma nulla cambia, anzi se cambiamento si prevede è in peggio.
Che siano veri o falsi gli aneddoti riportati non ha importanza. All'uopo due citazioni: di Pirandello, "Non si dà mai il caso di dirla, la verità, come quando la si inventa"; di Sciascia, "letteratura come verità, invenzione del vero". Aneddoti frutto di figure retoriche, come quella del corrispettivo oggettivo? Se racconto di un'aia di campagna e quella che ho visto non aveva galline razzolanti, non affermo il falso se riporto di una loro presenza (è naturale che vi siano e solo casualmente non vi erano durante la mia osservazione).
È così che, riferendo dei nostri politici, se li si accusa di ignoranza pur non avendone le prove, non ci si deve preoccupare di non aver detto il vero.
L'episodio dei cimiteri vivibili è stato probabilmente un lapsus froidiano; quello del Portogallo etichettato come nazione mediterranea è stata una svista tutto sommato ininfluente, anche se depone per una lettura quantomeno superficiale dell'atlante geografico; quello del concerto per archi che, come per una sorta di surreale par condicio, doveva essere anche per Gallico, probabilmente non si può definire vero sensu stricto.
Ma che importa? Tanto, in clima di ferragosto, è lecito scherzare. O no? Oppure, come dice Lichtenberg, ci limitiamo con un pizzico di veleno ad affermare alcune "verità leggermente deformate"? Comunque siamo nel paese del tunnel per neutrini che da Ginevra va al Gran Sasso e, pertanto, qualsiasi illazione ci può essere consentita (anche se non siamo attenti lettori del poeta portoghese Saramago).