Lunedì, 29 Giugno 2009 06:14

AZIENDE SANITARIE E GUARDIE MEDICHE IN ESUBERO

Oggi il lavoro non lo regala più nessuno: occorre che i giovani laureati se lo inventino o che sgomitino per addentarlo con la determinazione che solo pochi di loro hanno o, ancora, che si accontentino di una precaria e mortificante sottoutilizzazione delle proprie competenze e professionalità.

Colpa della crisi, certamente, ma anche di scelte universitarie sbagliate, di miraggi professionali, di miopi illusioni, di antiche frustrazioni familiari. Nel settore sanitario e nel Sud dell'Italia questa è una storia che dura da almeno sei lustri: a fronte di una cronica carenza di personale infermieristico qualificato (non certo di barellieri passati di qualifica o, peggio, di addetti alle pulizie promossi in corsia), le università hanno sfornato coorti di giovani medici solo parzialmente formati e comunque inevitabilmente destinati alla disoccupazione. È il mercato che detta le regole e che punisce i responsabili di scelte sbagliate o di aver intrapreso un percorso vocazionale non sufficientemente supportato.

Ma quando il mercato lo fa la politica, allora tutto è possibile: si falsano le regole e, se il lavoro non c'è, lo si inventa. Ma questa non è un'invenzione produttiva, come quella di chi si industria per sbarcare il lunario in tempi di crisi e disoccupazione: è un'invenzione di lavoro parassitaria che spreme risorse pubbliche distogliendole da usi migliori, che ingigantisce o addirittura crea dal nulla bisogni inesistenti da soddisfare con assunzioni mirate.

Una delle cause del dissesto della sanità calabrese, significativa di un certo modo fallimentare di operare al di fuori delle logiche di mercato, è stata la sistemazione clientelare di personale medico non qualificato in posizioni lavorative di malinconica sottoutilizzazione. Mi riferisco non solo alla creazione di reparti ospedalieri destinati a una desolante penuria di utilizzatori o agli inutili sdoppiamenti di divisioni, ma anche alla proliferazione incontrollata di quelle postazioni di guardia medica che oggi si tenta di sopprimere.

I 17 funzionari e manager dell'Asl di Locri (chiamati dalla magistratura a risarcire il danno erariale prodotto nell'agevolare con trasferimenti mirati ancorché funzionalmente inutili 80 medici, già peraltro beneficiati di assunzione in postazioni di guardia medica numericamente potenziate ad hoc) sono solo la punta di un iceberg che rischia di far fare alla sanità calabrese la fine del Titanic.

La disoccupazione medica non può pesare sulle tasche dei contribuenti con il mantenimento di posti di lavoro che non hanno una giustificazione di mercato: in tempi di crisi occorre tirar la cinghia e, come pagano sulle loro pelle altre categorie di lavoratori (magari meno griffate ma con la stessa dignità: il lavoro, qualunque esso sia, deve avere pari chance di essere difeso) così anche il lavoro medico deve ridimensionarsi su standard numerici più aderenti alle esigenze del mercato e adeguarsi alle reali possibilità di bilancio.

Ultima modifica il Sabato, 11 Luglio 2009 07:09

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