Biblioteca Comunale Villetta De Nava - 01 giugno 2018
STIAMO CORRENDO UN PO’ TROPPO: FERMIAMOCI A RAGIONARE
In coda alla conferenza del prof. Monorchio su etica e tecnologia, rifacendomi ad alcune mie riflessioni di qualche anno fa, gli chiesi se, dal suo punto di vista religioso, sarebbe stato legittimo attribuire una valenza “umana” a esseri che, senso stricto, umani non erano ma che dell’umanità avevano le due caratteristiche fondamentali: la capacità riproduttiva e la coscienza del sé.
Con l’incremento esponenziale della capacità di calcolo, infatti, l’enorme complessità della vita e della coscienza potrà essere a breve riprodotta: il problema di cui sopra si presenterà con tutta la sua urgenza anche dal punto di vista laico, per la serie di diritti di cui diverranno più o meno portatori gli umanoidi.
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Giusto il giorno dopo leggo che recentemente “Nature” ha pubblicato una discussione di 17 scienziati, bioeticisti e filosofi, coordinati da Nita Farahany della Duke University di Durham (fonte: Le Scienze, giugno 2018). Di cosa discettavano? Se prima o poi si sarebbe dovuto attribuire agli organoidi, culture tridimensionali di tessuto cerebrale, un qualche status diverso dal semplice materiale di laboratorio visto che, somigliando sempre di più a cervelli in miniatura, prima o poi avrebbero acquisito la capacità di avvertire dolore / piacere o addirittura una certa forma di coscienza.
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Siamo quindi ben oltre il problema condiviso con Tonino Monorchio, con cui bene o male si parlava di chimere e di ibridi, di trapianti e innesti, di robot e supercomputer, di evoluzione programmata dalle specie uomo verso forme embricate al mondo minerale e di intelligenza artificiale, non certo di culture cellulari in vitro.
Eppure se ne comincia già a parlare ed è stata una sorpresa sgradevole, di cui comunque occorre prendere atto nel programmare i propri percorsi mentali. Ma d’altronde anche qualche anno fa ci rimasi male quando lessi della possibilità di “guardare” in modo diverso un topo nel cui cervello erano stati inserite cellule cerebrali umane, con il rischio che diventasse troppo umano per poterlo ancora catalogare come animale.
Tra qualche decennio, quando la cultura neuronale che viene chiamata organoide avrà raggiunto la complessità del cervello, come la dovremo chiamare e quali diritti le dovremo attribuire?
Stiamo andando un po’ troppo di fretta e corriamo il rischio di non riuscire più a governare le derive tecnologiche? Penso che una certa pausa di riflessione ce la si debba porre.