Giovedì, 05 Aprile 2012 07:31

QUELLA GRANDE DISTRIBUZIONE CORRUTTRICE

I rapporti umani, quando alla loro base c'è la stima e il rispetto, anche se posti sul piano di un franco confronto, non possono scadere in sterili polemiche: è così che con Lillo Vazzana, responsabile della Conasco, si è chiarito quanto accaduto sabato 31 e raccontato nel minima immoralia di martedì 3 aprile.

Premesso che non sono in discussione né la veridicità di quanto riferito né la serietà e buona fede della Conasco, la versione del dott. Vazzana è la seguente:

 

la società da lui presieduta non è in alcun modo responsabile della qualità dell'olio di oliva quando il suo intervento è limitato al semplice imbottigliamento; in tal caso il prodotto non potrebbe in alcun modo essere commercializzato col marchio Conasco; la società, pur non tenuta a farlo, si è data di sua iniziativa un codice etico-normativo che, prima dell'imbottigliamento, prevede la constatazione di alcuni parametri minimi di qualità del prodotto sfuso conferito; quanto denunciato probabilmente è dovuto a processi ossidativi che hanno fatto invecchiare l'olio che, al momento del confezionamento in bottiglia, potrebbe anche non aver avuto quelle caratteristiche organolettiche poi spiacevolmente riscontrate; il prodotto artigianale, meno stabile di quello standardizzato industriale, è "vivo" e, in quanto tale, può presentare delle sfumature che lo rendono particolare e diverso; se fosse stato presente al desk, quanto accaduto non sarebbe successo e gli input forniti sarebbero stati accolti e interpretati della loro giusta dimensione collaborativa.

Ringraziando il dott. Vazzana per il contributo offerto e non dubitando in alcun modo delle sue affermazioni, prendendo inoltre atto che ha già convocato i produttori per capire come sia potuto accadere che un alimento "vivo" perché artigianale sia apparso tanto distante dagli standard industriali, mi sembra comunque opportuno porre qualche puntualizzazione.

I parametri minimi di qualità citati, il cui controllo è stato meritoriamente deciso dalla Conasco prima dell'imbottigliamento, si riferiscono al rilevamento di dati sensoriali e chimico-fisici oggettivamente osservabili, ossia quelli cui fa riferimento la normativa italiana che recepisce l'ultimo regolamento comunitario n. 1989/03 in vigore dal 01 novembre 2003. È in base a questi che l'olio di oliva si suddivide nelle diverse qualità: soprattutto tra olio di sansa e olio di oliva p. d.; e quest'ultimo nelle sue diverse produzioni: raffinato, lampante, vergine ed extravergine. L'extravergine, che deriva direttamente dalla premitura meccanica delle olive, non dev'essere sottoposto ad alcuna manipolazione chimica di raffinazione, deve avere un'acidità inferiore allo 0,8% e un punteggio organolettico uguale o superiore a 6,5.

Parametri di questo tipo sono previsti per ogni produzione di prodotti edibili. Ma qualcosa in questo sistema di controllo non va. Per capirci meglio, facciamo due esempi: il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto San Daniele. Sono due marchi conosciutissimi e i rispettivi consorzi garantiscono bontà e standardizzazione di qualità in tutti i punti vendita. Dovrebbe essere così. Si provi, però, a comprare lo stesso marchio in un negozio alimentare della grande distribuzione e in una "bottega" di qualità: non sembra proprio di aver acquistato lo stesso prodotto. Comunque, anche senza scomodare i Grandi Marchi, basta controllare la frutta e il pane "locale" in vendita presso la Grande Distribuzione: sembra provenire da un altro pianeta rispetto allo stesso prodotto acquistato dal verduriere o dal panettiere.

E allora non c'è altra soluzione che quella di ammettere che, in qualche modo su cui non sarebbe male indagare, è la Grande Distribuzione che riesce corrompe tutto: anche il prodotto locale che, quando venuto a prezzo promozionale, nasconde sempre e comunque una fregatura (come nel nostro caso: un olio che, pur il più vergine dell'universo mondo nel rispetto di tutti i parametri comunitari, era francamente inservibile).

Al Chilometro Zero non puoi chiedere saldi e promozioni. Sono altre le cose che chiedi: identità e genuinità. Col Chilometro Zero è la cultura che sposa il sapore: e non si può sperare di trovare il rispetto delle tradizioni in un "non-luogo" che notoriamente mortifica l'identità locale.

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