A chi passerebbe per la mente di dire che il compianto è molto morto o che è più morto di quanto lo sia stato quel tal suo amico che lo ha preceduto nell'ultimo viaggio?
Vi sono alcune aggettivazioni che sono assolute e che non prevedono un superlativo: chi, nel linguaggio parlato di tutti i giorni, direbbe che una perfezione è più perfetta di un'altra o che un infinito sia più infinito di un altro? Se è perfetto è perfetto; se è infinito è infinito: stop. Anche vergine è uno di questi aggettivi: una giovane donna o è vergine o non lo è. Tertium non datur, avrebbero detto i latini con icastica semplicità: non vi può essere una terza soluzione. Si può sofisticheggiare sul fatto che quella di una donnina allegra potrebbe essere una verginità d'animo, ma non si può certo affermare - nemmeno in presenza di una ricostruzione plastica imenea - che la pulzella compiacente sia fisicamente illibata perché mai deflorata.
Eppure un'eccezione a questa regola esiste e l'abbiamo quotidianamente sotto gli occhi: l'olio può essere extravergine; anzi, ormai quasi tutti gli olii alimentari hanno l'appellativo di extravergine. Chi si sognerebbe ormai di comprare un olio semplicemente vergine? E allora ecco che, svuotata di senso l'aggettivazione, chi compra un olio dalla grande distribuzione si sente garantito dal nome che compare sull'etichetta.
Ora accade che su un'etichetta, oltre al solito extravergine, distrattamente sul retro si legge, insieme al nome del produttore (peraltro di una zona di buona produzione olearia), anche Conasco: sentendosi garantiti dal nome, si compra il prodotto messo in vendita a un conveniente prezzo promozionale. Risulta però inservibile: ha un odore tale da non poter in alcun modo essere usato.
Non certo per protestare ma in assoluta buona fede pensando di fornire dati utili sul caso, che si presumeva non isolato, l'incauto acquirente si reca sabato 31 marzo a Piazza Camagna dove la Conasco aveva allestito alcuni stand promozionali del suo olio. Rivoltosi al desk e chiesto di parlare con il responsabile, gli viene detto che è assente e sostituito da alcune impacciate signorine. Fatto odorare loro l'olio e accertata quella che senza eufemismi può essere definita come puzza, ecco nascere e salire tra le ancelle un forte sconcerto e un'indissimulabile preoccupazione, più che giustificati dato il luogo e la circostanza, ma anche - assolutamente fuori luogo - una maniacale attenzione nell'affermare in maniera netta e inequivoca la mancanza di responsabilità della Conasco sulla qualità del prodotto, da essa solo imbottigliato e non prodotto.
Posizione di difesa legittima ma a dir poco inopportuna: l'acquirente non si era recato in Piazza Camagna per rivendicare rimborsi o per aprire contenziosi ma, pensando di incontrare il responsabile di cui conosce e apprezza la professionalità, per consegnare la merce inservibile e sollecitare una maggiore attenzione da parte della Conasco alla qualità dei fornitori che usano il marchio.
L'incauto acquirente diventerà più cauto nell'acquistare prodotti Conasco? Non ci è dato di sapere quale olio in futuro comprerà: probabilmente continuerà a comprare prodotti Conasco che, nonostante l'incidente, continua a ritenere buoni. Per certo sappiamo che l'accoglienza al desk non è stata delle migliori: non dialogante ma inutilmente difensiva, è stata un pessimo biglietto da visita.
Per quanto ci riguarda, pensiamo che comprare locale sia un imperativo al quale ogni buon cittadino, con parità di condizioni, dovrebbe ottemperare. Compriamo in assoluta tranquillità prodotti Conasco, quindi, ma che Conasco faccia maggiore attenzione nella scelta dei fornitori e tratti meglio chi, tra i consumatori, fornisce notizie o chiede lumi.